Pagina:Turco - Canzone senza parole.djvu/154

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dall’alto, armonizzandoli, una luce bianca, quasi irreale.

— Ella non conosceva Venezia? domandò, ad un tratto la fanciulla.

— No, è una poesia che il mio sguardo ignorava. Vengo da Roma per trovare dei parenti...

— Ah!... ed è pittore?... — ripigliò ella con un lieve sorriso.

— Sì.... come lo sa?

— Si capisce subito, dalle sue parole, dai movimenti delle sue mani. Esporrà... qui in Venezia?

— Non ancora....

— Bisogna avere coraggio, nella vita.

— Ne ha lei del coraggio?

— Ho dovuto averne molto. Sono istitutrice — diss’ella, senz’altro commento.

Mi parve che pochi minuti fossero trascorsi quando il vaporetto che avevamo veduto sguisciare da lontano, fra i bastimenti del bacino di San Marco, venne frettoloso a prendere gli ultimi passeggeri del Lido. Vi salimmo insieme, insieme sedemmo sopra una panca di prora.

Sul canale di Chioggia, fra i gruppi di pali biancheggianti, si vedeva una fila di barche da pesca dalle vele gialliccie o ranciate, d’una tinta finissima, quali lisce, quali adorne di figure allegoriche, di simboli che equivalgono a stemmi di nobiltà. Erano cariche di masserizie, di canestri o di gente e tutte sembravano immobili e pur lentissime procedevano, abbandonate all’instabilità