Pagina:Turco - Canzone senza parole.djvu/168

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pate e io cedetti il posto a mia madre, come uno sconosciuto qualunque. Ell’aveva arrossito nel vedermi, io, con uno sguardo, avevo cercato di rassicurarla. Non so come reggessi alla vista di quegli stranieri che pur erano miei fratelli, di quella donna che pur era mia madre, come sopportassi, io orfano reietto, la visione per me straziante di quella famiglia! Mia madre temeva certamente che mi tradissi. Ma io volli crudelmente rimanere fino all’ultimo, e saziarmene lo sguardo, volli udire le loro voci commiste e vedere i loro reciproci sorrisi e leggere loro in faccia la baldanza della felicità. Così, risalimmo insieme per il glorioso Canal grande le cui acque riflettevano, un giorno, dalle facciate degli storici edifizi, gli affreschi del Tiziano e del Giorgione, che in quel sereno pomeriggio rispecchiavano ancor sempre una magìa di forme e di colore. Io vedevo tutto a traverso un velo e la mia anima era torbida e sconsolata.


🞻 🞻 🞻


Più tardi, alla posta, trovai una lettera in cui la mamma mi esortava a recarmi il giorno appresso, alle nove del mattino, in piazza dei Santi Giovanni e Paolo ove mi avrebbe senza fallo raggiunto. Aspettavo da più d’un’ora, con un senso d’inesprimibile desiderio, quand’ella comparve col suo passo cadenzato e sicuro. La sua figura era così snella, così elegante e giovanile da Sembrare quella d’una fanciulla.