Pagina:Turco - Canzone senza parole.djvu/169

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Ella venne dritta verso di me, senza mostrare alcun imbarazzo e stendendomi la mano disse subito:

— Sarà meglio che prendiamo una gondola, Mariano.

Per buona sorte ne trovai una nel canale vicino. Ella vi discese, chiuse senz’altro le tende del felze e, convinto torse che si trattasse d’un convegno furtivo d’innamorati, il barcaiuolo sorrise, facendomi impallidire di sdegno.

— Chissà per chi ci prendono! — disse mia madre, tranquillamente, mentre io soffrivo anche di quel lieve sospetto d’avventura romantica che le alitava intorno.

Il gondoliere aveva l’ordine di fare un giro in città e di ritornare al punto di partenza e la barca leggera scivolava, scivolava sulle luride acque fra le alte muraglie dei palazzi silenziosi.

Ella stava seduta accanto a me e una voce lontana come un tenero ricordo d’infanzia, una invincibile brama di fanciullo mi spingeva ancora follemente fra le materne braccia, avido delle sospirate carezze; sentivo il bisogno di attrarre la sua testina sul mio petto anelante, di sfogare tutta la piena di quel figliale trasporto: il nuovo impeto di gioia aveva cancellato dal mio pensiero ogni dubbio, ogni triste esitanza. Ma un rispetto profondo mi frenava; temevo ch’ella potesse farsi meraviglia di quell’appassionato amore di figlio, forse a lei ignoto, e che desiderasse sottrarsi alla

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