Pagina:Turco - Canzone senza parole.djvu/173

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nevola alla mia persona modestamente vestita, poi mi stese la punta delle dita ch’io appena toccai. Dovevo essere pallido come un morto.

— Se non m’inganno, il signore si trovava iersera sul vaporetto e tu forse non l’avevi ravvisato? — domandò una delle due fanciulle.

— Difatti, Evelina. Ci pareva ad entrambi di conoscerci ma lo credemmo un errore, non è vero, signor Adriano?....

Io chinai la testa smarrito, e Evelina mi guardò con una certa curiosità.

Era ancora adolescente e dalla sua fisonomia gentile, dai suoi occhi grandi e azzurri spirava una delicata bontà. Anche il suo sorriso mi parve benevolo e un senso di fraterna tenerezza mi toccò il cuore. Non era mia sorella? non erano tutti fratelli miei?

Ma la madre, la madre nostra trovò il coraggio di dirmi:

— Ella intendeva visitare la chiesa, non è vero?

non vorrei che indugiasse per noi....

— Non andiamo tutti a San Giovanni e Paolo? — domandò Evelina.

— Oggi no, bimba mia. Io ci fui poc’anzi e mi sento stanca.

— Se permette, signora, mi ritiro, — diss’io con la voce strozzata.

— Quando... quando tornerà a Milano? — chiese mia madre, ingiungendomi collo sguardo, di non contradire a quella domanda che aveva lo scopo di disperdere le mie traccie.