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Pagina:Turco - Il romanzo di Luisa Hercolani.djvu/13

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la vita italiana 299


Da lontano veniva il suono della musica da ballo smorzato e come dolente; qualche coppia passava, assorta in più o meno intimi colloqui; la luce elettrica, fredda, ma vivida, dava dei riflessi metallici alle lunghe foglie delle muse. Tacevano entrambi.

D’improvviso, in mezzo a tanta festa, il pensiero della morte balenò nella mente di Collalto, con un senso di angoscia strana. Luisa lo vide rabbrividire involontariamente; intuì forse ciò che lo preoccupava e disse con soavità:

— A che pensate, Patrizio?

— A nulla, cugina mia.

— Al nulla delle cose, volete dire.... ma voi, Collalto, avete la vita dinnanzi, voi avete tempo di fare il bene....

Forse la fanciulla intendeva aggiungere un raffronto con sè stessa, colla brevità dei giorni che le erano concessi e ch’ella. all’opposto dei soliti malati di petto presentiva chiaramente; ma si trattenne, per una delicatezza del suo animo generoso, e Patrizio commosso, sviò il discorso, col desiderio di richiamarla alla realtà.

Mi sembra un po’ umido qui, diss’egli; sarà meglio che ci allontaniamo; non vorreste prendere qualche cosa?

— No, no, grazie.

— Neppure una bibita calda? vi farebbe bene, Luisa.

— Se credete, la prenderò, diss’ella, piegandosi subito alla volontà di lui.

Al buffet trovarono Clara che mangiava allegramente una fetta di ananas.

Alla sua vista, Luisa si turbò lievemente.

Un po’ di freddo l’aveva colta e si strinse alle spalle appena appena scollate, la mantelletta che doveva portar sempre seco.

— Sarà meglio che mi ritiri io ora, perchè ho promesso di non rimanere oltre la mezzanotte, diss’ella tristamente, dopo avere sorseggiato, per compiacenza, un poncino leggero. contemplando i due giovani, Patrizio e Clara ritti uno accanto all’altra, nella pienezza e nella floridezza della gioventù felice.

E, mentre Collalto andava in traccia della sua damigella di compagnia e di suo padre che, per non guastarle il piacere di quell’innocente capriccio, l’unico che avesse mai avuto, la sorvegliavano trepidanti e non visti da lontano, Luisa, prendendo fra le sue manine gelide una mano di Clara e sollevandosi in punta di piedi, mormorò all’orecchio della superba fanciulla:

— Prima di partire, ti faccio un pronostico; lo vuoi?...

— Parla, Luisella mia.

— Non andrà molto che tu saral la sposa del principe di Collalto.

— 0h Luisa, che ideali...

Vedrai!... e s’allontanò lentamente, con passo affaticato, per incontrare il duca Hercolani e Teodora che veniva a salutarla.

Patrizio, sempre autorizzato dalla parentela e compreso da una pietà profonda, si permise di accompagnarla fino alla carrozza. E molte volte, più tardi, gli sembrò di sentire, sul suo braccio, il contatto di quel braccino sottile che tremava, gli sembrò di rivedere quel largo sguardo azzurro nella cui infinita limpidezza, qualche cosa di grande ardeva, come una fiamma.

  • * *

Patrizio fu fidanzato a Clara, in un giorno di maggio, in un villino dei dintorni di Frascati, overa una pioggia di rose.

I due giovani credevano essere innamorati uno dell’altro, ma, in fondo, erano soltanto convinti dell’opportunità del matrimonio, in cui, oltre alle migliori convenienze sociali si trovavano riunite tante attrattive di gioventù, di bellezza, di genialità.

Amanti entrambi della letteratura, delle arti, dello sport che ora sì spesso va frammischiato a quelle, ricchi di censo entrambi, supplivano con una certa affinità di gusti, alla profonda armonia dell’amore vero che si ha dal cielo come un raggio, e non si conquide, nè si può analizzare. Ma quell’affinità stessa era superficiale, null’altro. Patrizio dava il suo talento e il suo cuore là ove Clara non impegnava che la memoria e la vanità. Dotata d’un temperamento pacato e freddo, molto più compresa di sè stessa, dei proprii meriti e della propria avvenenza di quanto il principe potesse supporla, ella sottometteva tutto, inconsciamente, al suo piacere individuale.

Donna destinata ad un’esistenza regolare ed onesta, non già per elevatezza d’animo, ma per un forte istinto dell’ordine, per un bisogno di quella calma che non inceppa gli andamenti della vita, ella era destinata a passare in mezzo agli omaggi contenta, ammirata, intangibile come una dea.