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298 la vita italiana


sempre una malinconia profonda. Valdemaro vuole che ci venga e mi rassegno.

— À me non destano malinconia che le cose realmente dolorose, disse Clara, col suo bel fare tranquillo.

— Perchè tu sei perfettamente equilibrata.

Tu forse non godrai molto, Clara, ma farai molto godere e anche.... soffrire gli altri, rispose Teodora, con un garbo che temperava la schiettezza dell’asserto.

— Non sarebbe la: mia intenzione.... mormorò Clara, sorridendo.

— Lo credo, ma è così. Ti accadrà involontariamente.

Sei fra quelle donne che non discendono mai dal loro piedistallo.... sei fra le fortunate, Clara. Non ne convenite, Collalto?...

Non seprei, non sono un buon giudice, rispose il principe, notando nelle parole di Teodora una leggera velatura d’amarezza che lo fece pensare. In quel momento, le due signore, invitate a ballare lo lasciarono, ed egli andò in cerca di Luisa.

Era così smorta difatti, era così piccina nelle sue candide vesti, che parve al giovane una nuvoletta presso a dileguarsi. Egli cercò tuttavia: di scansare da sè la mestizia che lo aveva colto e:

— Me ne rallegro, Luisa, diss’egli,la vo- stra presenza qui mi rassicura. State pro- prio bene?

— Sto benissimo, Patrizio! — Adesso, ella rispondeva invariabilmente così.

— Mi concedete un giro?....

E Collalto la sollevò, la prese fra le sue braccia come un tenue fiore. Pareva impossibile che un cuore di donna potesse palpitare in quella forma così fragile, così aerea.

Ballarono un pochino al ritmo carezzevole d’una mazurka di Strauss, ma, come la fanciulla ansava, il giovane, con un pretesto qualunque, destramente si fermò, la fece sedere ancora; poi le propose una visita alla serra. E, molto cortese, con quella famiglia- rità riservata, ma squisita, che gli accordava la parentela, la condusse seco, a lui appoggiata, per le vaste sale, attraverso alla galleria delle statue, nel piccolo calidario delle orchidee che metteva a un delizioso giardino d’inverno in mezzo al quale, una fontana, con grato mormorio, gorgogliava.

— È UN angelo, pensò Patrizio, seguendo la sua bianca compagna fra le fragranti aiuole. — Non ha più nulla di terreno, e poco deve conoscere tutto ciò ch’è terreno....

— Voi amate molto i fiori, Luisa?

— Assai, assai.

Egli colse una piccola scilla turchina ela porse alla fanciulla che la tenne con grande cautela in mano come se intendesse conservarla.

— Un furto fatto per voi, Luisa. Credete che ne andrò assolto?

Luisa sorrise, e quel sorriso le illuminò per modo il volto scolorato, che un raggio vi rifulse, di ardente femminilità.

— Non posso giudicare la colpa, io che ho ricevuto il fiore.... ma certo, v’assolverei, sempre, diss’ella, dolcemente.

— Di tutto?

— Di tutto.

— Siete molto buona, mormorò il principe intenerito, e io ho molte colpe da farmi perdonare; pregate per me.

Pregherò, Patrizio.

E, dicendo questo, ella sollevò le pupille azzurre, con un atto d’assentimento, così adorabile e puro, che il giovane dovette ripensare a certe figure di sante dipinte dal Carpaccio e stette alcuni secondi immoto a contemplarla.