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246 impressioni e ricordi di bayreuth


esempio, un dramma di Shakespeare o gli affreschi della Cappella Sistina sapranno dare, a seconda delle facoltà e delle sensibilità individuali, impressioni più forti; così intense e così intere mai, e nemmeno una Sinfonia di Beethoven o una Messa di Palestrina, perchè laddove manca quellamusica che si fa così sottile mediatrice delle percezioni psichiche, da acuirle fino alla sofferenza, l’efficacia d’una opera d’Arte, non agendo essa su di noi mediante tutti i sensi estetici, non è completa, come non può esserlo, quando la musica predomina, lasciando libero il campo al pensiero, o quando essa s’accoppia alla parola con intendimenti più artistici che psicologici.

L’indomani di quella prima giornata, nel tacito vagabondare del mattino (Bayreuth non a tutti consente lo studio o la lettura), i primi passi si volgono istintivamente verso la Richard Wagnerstrasse, e un riverente desiderio muove alla ricerca della villa modesta ove il grande maestro amò concedere riposo e pace, all’attivo e ardente suo spirito, come dicono il bel nome di Wahnfried e l’iscrizione sulla facciata principale. Poi, un desiderio ancor più vivo ci fa dilungare oltre la cinta di quel prato chiuso da pergolati, di quel piccolo intimo giardino che circonda la tranquilla dimora, verso l’entrata del Volksgarten, la passeggiata pubblica, tagliata da un canale, ombreggiata da alberi secolari che serbano nel cuore dell’estatela freschezza del verde primaverile. Le rubiconde bambine bavaresi vi si trattengono all’uscire dalla scuola e vi si sollazzano lavorando e leggendo sulle panche di pietra corrose dal tempo, colla compostezza propria alle razze nordiche, qualche coppia solitaria percorre lentamente i viali, uno strillone vende fotografie e la lista interessante dei forestieri, il gajo cicaleccio degli uccelli predomina nella dolce quiete mattutina.

In una siepe del parco vi è il piccolo cancello che un vecchio servitore apretutti i giorni alle dieci e che permette di penetrare ancora nei pressi della villa. Ivi nell’ombra familiare ed amica dei platani, protetta da una leggera cancellata, sta latombadi Wagner: una grande pietra quadrangolare coperta d’edera, sulla cui perenne e cupa verdura porta ogni giorno una novella ghirlanda il profumo di freschi fiori, nulla più.

Ivi giace la spoglia terrena: quali luminosi spazii si saranno schiusi allo spirito immortale?...

Wotan, sempre inquieto per la sorte degli dei, e impotente a stornarne le minacce era sceso sulla terra per consiglio di Erda, e sotto la forma di Velso aveva procreato da una donna mortale i due gemelli Sigmundo e Siglinda, nella speranza di dar vita ad un eroe che riscattasse l’anello e compisse l’opera redentrice.

Ma la stirpe dei Velsi, non immune anch’essa dal fatale retaggio della maledizione d’Alberico, era già votata al dolore e allo sterminio.

Perita tragicamente la madre, la sorella sua fatta preda e riluttante compagna di Hunding, un uomo selvaggio e brutale, l’infelice Sigmundo, nella certezza che il padre, pur esso, fosse morto, fuggiva le rovine della propria casa, dandosi ad una vita errante. Senonchè, Wotan avendo infisso, un giorno, nel verde tronco del frassino che reggeva e sormontava il tetto della capanna di Hunding, una magica spada, il Velso, portato dall’istinto in traccia dell’arma vincitrice, trova, con essa, un feroce nemico della paterna stirpe e la sacrificata sorella.

La più alta poesia risplende su questo primo atto della Valchiria, dal momento in cui Sigmundo giunge trafelato e stanco nella capanna per chiedervi ristoro, e Siglinda, mossa da tenera e presaga compassione, glielo porge con un nappo d’idromele, fino alla loro fuga a traverso la foresta, negl’incanti della notte lunare.

Un destino superiore, nel comune istinto di riedificare l’abbattuto ceppo dei Velsi, spinge, ancora ignari della loro parentela, con tenerezza più che fraterna, i due gemelli, i due semidei, nelle braccia uno dell’altro.

La venuta di Hunding, colla sua ospitalità diffidente, coi suoi cupi sospetti, fatti poi irosa certezza, intorno all’origine del malinconico viandante che il tipo tradisce, turba le prime, quasi inconsapevoli dolcezze del loro colloquio.

La leggenda stende un momentaneo velo di pietà sulla duplice colpa di quell’amore che più tardi vendicherà la morte.

E la musica, al principio quasi paurosa, titubante, spezzata, neritrae fedelmentelo sviluppo, dall’improvvisa rivelazione dello sguardo, all’irruente, indomita passione, alle cui ebbrezze soavemente dolorose, una folata di vento, abbattendo una parete della capanna e lasciando intravvedere un’incantevole foresta illuminata dalla luna, aggiunge le seduzioni della notte primaverile.

Poco dopo l’incontro di Sigmundo con Siglinda, in quella scena che ricorda la grande semplicità delle narrazioni bibliche, i violoncelli accennano dolcemente al motivo della compassione amorosa a cui non è estraneo quello della rinunzia d’Alberico, poichè i Velsi anch’essi dovranno privarsi dell’amore ma un altro pensiero ancor più dolce gli subentra e fra le allusioni musicali e i presentimenti, quale crescendo meraviglioso, qual fecondo germogliare dei temi come d’una pianta nata da robusto seme che rapida si sviluppa, verdeggia e protende i suoi rami onde vi sbocci la fioritura, impetuosa, superba! Siglinda ha additato all’ospite suo l’elsa della:spada di Wotan chei più forti, ipiù coraggiosi non hanno saputo svellere dal tronco e che vi sfavilla come una gemma, Sigmundo ne la strappa, vittoriosa-