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la storia di un ciliegio 951


Prima di raggiungere la meta sospirata mi toccò di patire assai.

Un pomologo esperto di quella città m’aveva comperato per la mia regolare ed elegante struttura, allo scopo d’innestarmi colla ciliegia “Queen of cherries” una meravigliosa novità del suo giardino, battezzata con un nome esotico, come usa, non parendogli forse bella abbastanza la lingua italiana. I miei rami gagliardi furono recisi a poca distanza dal tronco: egli praticò in ciascuno una fessura, in ciascuno introdusse un ramoscello carico di gemme, strinse quindi un laccio intorno alle mie ferite e le medicò saggiamente colla cera. Poi, nell’autunno, quando si fu assicurato che il nobile germe novello aveva attecchito sulla specie primitiva, assoggettandola al suo dominio, mi fece levare con molta prudenza dal suolo, e ben ravvolto in un saccone foderato di paglia e invidiato stavolta dai compagni, mi spedì lontano, in un’altra bella provincia d’Italia.

Un ricco signore m’aveva acquistato a caro prezzo: erano molto feconde le sue terre e per molte miglia non se ne vedeva il confine.

Io venni piantato non lungi dalla casa padronale e conobbi tutte le soddisfazioni dell’amor proprio.

Splendide, festose glorie furon le mie: il mio trono si cinse d’un raggio di rami; fiorito, parvi un’immenso mazzo nuziale; adorno di frutta grossissime, succulenti, precoci, tinte di cinabro e di sangue bianco, segno di nobiltà, formai l’invidia di molti, l’orgoglio dei miei signori. Le mie prime ciliege si mandarono in dono ai potenti. Fui felice, esultante, amato, accarezzato. Per amor mio si divelsero gli alberi ornamentali che m’erano cresciuti dintorno, io vegetai liberamente e spesso vidi folleggiare i giovinetti e le fanciulle sotto i miei lunghi rami.

Un giorno venne a visitare quella dimora sontuosa, quell’incantevole parco anche la figlia del re. La bella adolescente era debole di salute e nulla mai si negava al suo gentile desiderio.

Io le piacqui per i fiori che portavo, e per la eleganza perfetta delle mie forme; in tutto il regno non si trovò un ciliegio della mia specie che mi uguagliasse e i miei signori mi offersero in dono.

Ogni miglior cura fu messa all’opera ond’io non soffrissi nel trasporto e l’arte si mostrò sì efficace ch’io non me ne accorsi nemmeno.

La regale fanciulla possedeva una villa ridentissima, in un’insenatura di colline, non lungi dal mare. Ivi fui piantato tra le