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SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 197
» grandissimo rilievo ’. » - Ben è vero ; purché uno possa e voglia sgombrare da que’ pochissimi fatti non pure la finzione piacevole de’ novellatori , ma le macerie di citazioni fuor di proposito, di puerili spropositi, d’asserzioni impudenti, ed ogni maniera di scempiezze magnificate per cose serie; e credere a tutto , fuorché alla erudizione , alia sagacità e alla coscienza de’ dottissimi annotatori.
LVIII. Adunque non sarà poco se verrà fatto oggimai di appurare per quanto tempo, e in che termini, Cane della Scala e Guido da Polenta raccogliessero Dante; e quanto sapessero de’ secreti della Divina Commedia. Molti errori che non si tosto scoperti pajono tali da far ridere di chiunque briga di confu- tarli, serpeggiano pur nondimeno talora per via di citazioni di seconda mano (da che pochi leggono il Manni e sì fatti nojosi ciarlieri), e spesso per via di plagj silenziosi; e si avviticchiano a nuovi sistemi in guisa da illudere gli autori e i lettori : e di ciò l’Inglese commentatore, e l’editore del codice patriarcale hanno dato recentissime prove. Appunto nell’anno che il dot- tissimo Inglese spendeva da duecento e più pagine del suo volume, e forse altrettante giornate di assidua lettura, a con- tendere che il Signor di Verona non fu adulato da Dante, - il dottissimo Friulano diceva, - di non avere voluto omettere studio e diligenza per conoscere tutto il corso della vita del nostro Poeta, ponendosi possiOilwente sott’ occhio quanto fu scritto in tale argomento da Giovanni Boccaccio fino a d\ nostri: lungo e penoso esame *.
Fiiil haud ignobiUs Argis, Qui se credebat niiros audire tragoedos, In vacuo laelus sessor plauìorque theatro.
Se non che i drammi dell’ editore dottissimo sono romantici , com’ oggi li chiamano. Tuttavia le Unità Aristoteliche , pazze in sé, per ciò appunto che sono savie assai troppo , pur gio- vano in quanto impediscono a’ pazzi di sbizzarrirsi oltre modo. Quindi oggi sono tanto quanto meno derise dagli Inglesi ; a’ quali non pare che s’abbiano da violare in tutto, se non qual- volta alla natura piacerà di creare un altro Shakspeare, e la fortuna ricondurrà un secolo non molto dissimile da quello che udiva rappresentare le sue tragedie *. Oggi agli attori tocca di mutilarle. Nel rimanente delle faccende letterarie , gli In- glesi procedono con senso comune; e talvolta anche a danno dell’ingegno e dell’eloquenza. E’ sanno che contro a mere asser- zioni bastano brevi mentite; e che dove uno contrasti alle tue sentenze, gli corre debito di avere rispetto agli oppositori, al
1 Dr. Giulio Ferrarlo, loc. cit., pag. x.
2 Vedi dietro, scz. XI e XX, e le note.
^ ’^^vì.’iy^"’ "o^"^ rrefazioni alle sue Tragedie. - Quarlerly Review, to-
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