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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

non -v’è circostanza che non ripugni alle epoche, a’ fatti , ed ngli uomini conosciuti negli annali d^Italia. L’arte diplomatica (dalla quale l’arte delle ambascerie piglia il nome meritamente) s’ industria, dove bisogna, d’ interpretare le carte a suo bene- placito ; e mettere tutte le storie del genere umano a soqqua- dro ; e ridurre le origini de’ regni, delle famiglie, e degli av- venimenti, e de’ patti, e de’ libri a date d’anni or vere or non vere, ma sempre acconcie all’intento. Pur quand’esce fuor degli archivj e de’ gabinetti de’ principi ad avventurarsi alla stampa, le conviene o procedere con buona fede, o starsi contenta allo scherno. Quel manoscritto della Divina Commedia, ricopiato dal Boccaccio; e postillato dal Petrarca; e collazionato dal Bembo; e seguitato dall’Aldo; e mandato in Francia da Buonaparte fra le spoglie più nobili della vittoria ’ — fu- rimandato perchè si adori nel Vaticano. Poi n’hanno lasciato stampare una Cantica; onde a’ monsignori reverendissimi custodi de’ tesori letterarj di Roma, tocca oggimai di scontare la loro imprudenza, e forse anchet recitare la parte del frate che predicando la penna delle ali dell’Agnolo Gabriello, teneva in mano carboni spenti. Al- ludendo poc’anzi a taluno che pur non cessa di richiamarsi all’autorità di quel codice, m’è bastato sorridere per tutta ri- sposta; * - tanto più che dovrò ricordare le antiche edizioni, e mi occorrerà di avvertire che il Bembo non legge i versi del Poema come si stanno nel testo dell’Aldo o del Vaticano. Oltre di che, gli editori di Padova hanno già scritto che non ri- sponde alle citazioni delle chiose attribuite al Boccaccio; né credono verosimile che il Boccaccio lo ricopiasse, e il Petrarca lo postillasse lasciandolo brutto, com’è, di lezioni false, e d’er- cori, e di versi di non giusta misura *.

-LXX. Dopo SI misero disinganno, gli stessi critici chiamano tre volte « esimio un codice della libreria de’ principi d’ Este , » unico testo di Dante onorato di menzione dal Montfaucon » nel suo Diario Italico dicendolo, Codex auclori pene aegualis, » egregie descriptus *. » - Se Montfaucon avesse agio, e fogli nel suo Diario da registrarvi più codici della Divina Comme- dia; - s’ei, dottissimo nelle cose greche, e romane, sapesse tanto di letteratura italiana e di lingua dantesca , che si fidasse di sentire addentro nelle varianti ; - s’anche sapendo, ei potesse, volesse accingersi alla fatica, più o meno che umana, di ri- scontrare diversi esemplari dell’ intero Poema , e decidere se l’Estense era l’unico meritevole di menzione; - queste, ed alti e particolarità indispensabili a sincerarmi quanto io m’abbia da stare al giudizio attribuito a Montfaucon, mi sono tuttavia sco- nosciute. Che s’altri non ne sa più che tanto, legga le sue pa»


1 Gincrnené, Histoire Litléraire, voi. II, pag. 412, nota (2); pag. 578.

2 Vedi dietro-, sez. Vili.

3 Profa7.iono, pajj. \v, seg?.

4 Voi. Il, png. 765, pa/. 4.^i’. voi. IH, pngr. 2M, nota {a).


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