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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 211

roìe come ricordi di viaggiatore, il quale , incalzato dal tempo, vede pili che non guarda ; ascolta ogni cosa notabile ; crede perchè gli giova; e nota più volentieri ciò che gli è detto da degni di fede. Né Montfaucon prevedeva che la lingua latina si gonfierebbe del vento e del fumo romanzesco delle nostrali, sì clie i vocaboli egregie descriptus, - pene aeqnaìis anctori, - suonassero altro che copia di Iella scrittura a forme di. carat- teri usali poco dopo l’età del Poeta. Né in ciò quel solenne an- tiquario stava a pericolo d’ingannarsi, o dir troppo. La diversa età de’ caratteri non può determinarsi per anni ; ma da secolo a secolo; e talor pure, sebbene rarissimamente, da generazione a generazione; e a’ pratici basta osservare pochissime pagine. 11 codice gli fu mostrato probabilmente dal Muratori , che , a quanto intendo , facevane stima ; ma se per altri meriti che della scrittura del secolo xiv, i citatori noi dicono ’. Io non trovo ch’ei n’abbia esplorato mai la lezione; e dalla sua Per- fetta Poesia, non direi che il Muratori si dilettasse assai del Poema. Bensì promovendo virilmente le dottrine del trattato latino di Dante intorno alle usurpazioni ecclesiastiche , additò quasi senza avvedersi lo scopo della Divina Commedia: e risto- rando r ordine cronologico di que’ tempi , soccorre al lavoro , non ancora tentato , di commentarla storicamente. Io non mi arrogherò di asserire che il codice Estense non suggerisca le- zioni utili; ma qual altro mai non ne abbonda? E se le mi- gliori delle sue varianti non sono raffermate da altri, 1’ auto- rità d’un unico esemplare a che giova? Bensì senza averlo ve- duto, m’ attenterò di predire , che se mai verrà pubblicato , le molte buone lezioni si troveranno , come negli altri, confuse a maggiore numero di tristissime. Che sia stato scritto innanzi il termine della prima, o sul cominciare della seconda metà del 1300, più tempo dopo non è questione che importi. Se non v’è da trovare esemplare che non sia più tardo di parecchi anni della morte di Dante, il merito di ciaschedono è da ri- cercarsi, non tanto nel tempo in cui fu ricopiato, quanto nel- l’autenticità del testo da cui derivava; e di ciò , temo , ninno, esibirà mai prove certe, né probabili congetture. Bensì l’utilità de’ migliori e de’ peggiori fra’ testi del Poema, sta tutta quanta nell’uso che l’uomo sa farne; e dagli squarci d’alcune lettere, e da poche variami che gli editori di Padova hanno citato, desumo che all’Estense è toccato un critico naturalmente pe- dante , ma pur sagacissimo insieme e discreto *. Purch’ ei non si lasci tentare d’accogliere fatti dubbj per veri , e ideare nuovi romanzi di storia per vanità d’ impartire alla sua copia un’origine che la esalti alla dignità degli autografi, parmi che a lui, più che ad alcun altro eh’ io sappia, verrà pur fatto di


1 Edizione di Padova, luoghi citati.

2 Vedi le opinioni dei professore Parenti di Modena per entro il II e III vo- lume, ediz. Padovana.


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