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312 DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.
ove pare che Francesca chini gU occhi ; e si tace. Or chi altri mai trovò il modo, che pare umanamente impossibiloy di fare poesia senza dissimulare la storia? e di abbellire di amabile pudore la narrazione dell’adultera che sospira l’amante? Le circostanze della deformità del marito, e l’ inganno praticato perch’ ella gli si facesse sposa, avrebbero attenuato la colpa, e aggiunti più tratti di natura reale; ma troppi: e il carattere non sarebbe mirabilmente ideale. Però Francesca non si giu- stifica, né si pente ; chiama « felice il tempo » del suo peccato, e gode della sua bellezza che le meritava
D’esser baciata da cotanlo araanlo.
Amor che a cor gentil ratto s’apprende, Prese costui della bella persona Che mi fu tolta
Amor, che a nullo amato amnr perdona, Mi prese del costui piacer sì forte
Amor condusse noi a una morte....
Virgilio aveva consigliato al Poeta di richiedere quelle anime della loro storia.
Per quell’amor che ’i mena, e quei verranno
Francesca risponde :
Poi ch’hai pietà del nostro mal perverso. Noi udiremo e parleremo a vui.
Nondimeno Paolo non apre labbro ; e non ascolta se non per piangere amaramente. Taccio i chiosatori plebei; ma è deplo- rabile osservazione questa del Magalotti; — e v’ è chi pur la raccoglie : — « che rispondesse la donna piuttosto che l’uomo » ciò è molto adattato al costume della loro loquacità e leg- » gierezza ’ » — Le donne non sono garrule de’ secreti del loro cuore; bensì quando non hanno vita, né fama, né senso che per amare, allora ne parlano alteramente : —
Tandem venit amor, qualem texisse pudore^ Quam nudasse alieni, sit mihi fama minor.*,, Sed peccasse juvat. Vultus componere famae Taedet : cum digno digna fuisse ferar.
Onde parmi che questi versi siano stati giustamente ascritti a una donna ^; — e in quei di Saffo, e nelle lettere latine d’Eloisa ad Abelardo, l’amore non parla più verecondo: — « Sappiasi » che io ti sono discepola, ancella, e amante, e concubma, ed » amica. Ogni nome congiunto al tuo mi è dolcissimo , più
i Commento citato, pag. 79, e altroye; e gli Editori di Padova, Inferno, V, 94-95. 2 Sulpiciae, Elegidia, Carmen VII, nelle giunte a Tibullo, lib. lY.
DISCOBSO