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ultime lettere d’jacopo ortis. 87

che gli uomini mutassero modo, o che mi facessero mozzare il capo sul palco; e questo mi pare più facile. Non che i tirannetti non si avveggano delle brighe; ma gli uomini balzati da’ trivj al trono hanno d’uopo di faziosi che poi non possono contenere. Gonfj del presente, spensierati dell’avvenire, poveri di fama, di coraggio e d’ingegno, si armano di adulatori e di satelliti, da’ quali, quantunque spesso traditi e derisi, non sanno più svilupparsi: perpetua ruota di servitù, di scienza e di tirannia. Per essere padroni e ladri del popolo conviene prima lasciarsi opprimere, depredare, e conviene leccare la spada grondante del tuo sangue. Così potrei forse procacciarmi una carica, qualche migliajo di scudi ogni anno di più, rimorsi ed infamia. Odilo un’altra volta: Non reciterò mai la parte del piccolo briccone.

Tanto e tanto so di essere calpestato; ma almen fra la turba immensa de’ miei conservi, simile a quegli insetti che sono sbadatamente schiacciati da chi passeggia. Non mi glorio come tanti altri della servitù; nè i miei tiranni si pasceranno del mio avvilimento. Serbino ad altri le loro ingiurie e i lor beneficj; e’ vi son tanti che pur vi agognano! Io fuggirò il vituperio morendo ignoto. E quando io fossi costretto ad uscire dalla mia oscurità, anzichè mostrarmi fortunato stromento della licenza o della tirannide, torrei d’essere vittima deplorata.

Che se mi mancasse il pane e il fuoco, e questa che tu mi additi fosse l’unica sorgente di vita, — cessi il cielo ch’io insulti alla necessità di tanti altri che non potrebbero imitarmi: — davvero, Lorenzo, io me n’andrei alla patria di tutti, dove non vi sono nè delatori, nè conquistatori, nè letterati di corte, nè principi; dove le ricchezze non coronano il delitto; dove il misero non è giustiziato non per altro se non perchè è misero; dove un dì o l’altro verranno tutti ad abitare con me, e a rimescolarsi nella materia, sotterra.

Aggrappandomi sul dirupo della vita, sieguo alle volte un lume ch’io scorgo da lontano, e che non posso raggiungere mai. Anzi mi pare che s’io fossi con tutto il corpo dentro la fossa, e che rimanessi sopra terra solamente col capo, mi vedrei sempre quel lume fiammeggiare sugli occhi. O Gloria! tu mi corri sempre dinanzi, e così mi lusinghi a un viaggio a cui le mie piante non reggono più. Ma dal giorno che tu più non sei la mia sola e prima passione, il tuo risplendente fantasma comincia a spegnersi e a barcollare; — cade, e si risolve in un mucchio d’ossa e di ceneri, fra le quali io veggo sfavillar tratto tratto alcuni languidi raggi: ma ben presto io passerò camminando sopra il tuo scheletro, sorridendo della mia delusa ambizione. — Quante volte, vergognando di morire ignoto al mio secolo, ho accarezzato io medesimo le mie angosce, mentre mi sentiva tutto il bisogno, e il coraggio di terminarle! Nè avrei forse sopravvissuto alla mia patria, se