Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/9

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prefazione. 7

e potente; e per ottenere il santissimo scopo vestiva l’assisa militare, affrontava la morte sui campi di battaglia. E quando le politiche vicende voleano ch’ei deponesse la spada, non rimaneva inoperoso, e dava di piglio alla penna, arme ben più potente del ferro, per combattere una battaglia terribile nei campi incruenti e fecondissimi del pensiero.

Il gran faro della Enciclopedia, che dalla Francia aveva sparso tanta luce in ogni angolo più riposto dell’Europa; la grande rivoluzione che atterrava tutto un edificio sociale antico, e proclamava i Diritti dell’uomo; le prodigiose vittorie dei Francesi contro i più arrabbiati sostenitori del trono e dell’altare; i proclami del Bonaparte sceso in Italia, e i rapidi suoi trionfi in classiche battaglie nella valle del Po, aveano scosso gli animi intorpiditi degli Italiani, ed acceso le più belle speranze di libertà nei loro cuori. Il Foscolo, benché ancora giovinetto, non poteva non sentirsi rapir l’anima a tante splendide promesse, a così sfolgorante aureola di gloria, che cingeva il capo del gran generale corso. Il Bonaparte discendeva da una famiglia essenzialmente italiana, avea sortito i natali in isola italiana. Chi si sarebbe mai immaginato che dopo d’avere succhiato il latte della madre, l’avrebbe tradita, fucinando egli stesso le catene per ritornarla in servitù?

Ma poco durarono le illusioni! Dopo tante belle parole di libertà e di salvezza agli Italiani, il Bonaparte vendeva la repubblica di Venezia in Campoformio all’Austria! Allora l’anima del Foscolo si sentì sbranata dal dolore, e poco dipoi, benché appena ventenne, ruppe il silenzio, e quasi a disacerbare le piaghe del suo cuore, affranto a tanta sventura della sua patria, scrisse Le ultime lettere di Jacopo Ortis, a consolazione dei giovani sfortunati e oscuri. Come dice egli stesso in una lettera al primo Italiano, Vittorio Alfieri, scrisse questo romanzo in tre anni di sventure e d’esilio; e da un uomo fortemente temprato e appassionato come il Foscolo, che scriveva sempre come il cuore e non il sordido interesse gli veniva significando, non era da aspettarsi che una tela tratteggiata coi più foschi colori. L’argomento è semplicissimo. Jacopo, nel quale adombrò sé stesso, veduto che il sacrificio della patria era consumato, e che la libertà e la pace di lui erano compromesse, ripara in una solitudine sui