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110 | una famiglia di topi |
di nuovo in giardino, sotto le piante, per quei lunghi viali che ora gli parevano eterni.
Ogni cosa era bagnata dalla pioggia torrenziale; l’erbe erano abbattute, i fiori laceri e pésti.
Atterrito, ansimante, Moschino girò attorno gli occhietti neri; la notte era ormai scesa: una notte oscura, umida, piena di paure.
Quanto tempo poteva egli essere stato lontano da casa? Non abituato a que’ calcoli, lo ignorava affatto.
Ormai aveva corso tanto, che non udiva più que’ gridi disperati; ma li aveva sempre nel cuore, nel cuore che gli tremava.
Stremato di forze, s’abbandonò ancora sotto una pianta, i cui rami penzolavano mezzo tronchi, con le foglie arse, quasi che quella pioggia fosse stata di fuoco.
Dove andare, Dio mio, a quell’ora? Che fare, lì, solo? A chi chiedere misericordia? Gli era penetrato nelle ossa un gran freddo;