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capitolo quinto. | 83 |
stamente, se lo pigliava in braccio e lo metteva sur un’altra sedia, dicendogli:
— Via, Dodò, sta’ fermo, sta’ buono, povera bestia! —
Ma Dodò non si chetava, e testardo come un mulo, tornava all’assalto, senza mai darsi pace fin che quell’altro non fosse andato via. Allora il padrone se lo pigliava su le ginocchia, e carezzandogli il dorso, gli diceva:
— Povero Dodò! hai paura che ci portino via la roba di casa, eh, povera bestia? Ma non la porteranno via, no, Dodò: non aver paura, povero vecchio! — E il topino che intendeva, si struggeva in cuor suo di non potere rispondere, e badava solo a leccare, a leccare le mani del conte. Ah, se gli fosse riuscito d’acchiappare il dito a uno di quei brutti uomini, che venivano a tormentare il padrone!
Una volta, alla fine, se ne potè cavare la voglia. Sonnecchiava, dopo colazione, nella