Pagina:Una sfida al Polo.djvu/144

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138 capitolo xi.


Sarebbe stato difficile saperlo.

Quella danza però ottenne un effetto straordinario, poichè gli abitanti delle capanne, che poco prima se l’erano data a gambe, non tardarono a ritornare insieme ai pescatori di balene ed al capo.

Il contegno eroico dello stregone doveva averli pienamente rassicurati, tanto più che il mostro misterioso non l’aveva affatto divorato, anzi non si era più mosso e continuava a russare tranquillamente dinanzi alle capanne.

Dik frattanto aveva portate due bottiglie invece d’una, e dopo d’averle decapitate con un colpo di coltello per fare più presto, le aveva offerte una al capo e l’altra allo stregone.

I due messeri dovevano aver assaggiato altre volte la fortissima bevanda, poichè a rischio di rovinarsi la lingua se le accostarono alla bocca e cominciarono a vuotarle avidamente con un glou-glou rumoroso.

— Corpo di Giove e di tutti i suoi fulmini!... — esclamò lo studente, il quale era balzato a terra portando con se il mauser ed una Colt a sei colpi. — Che stomachi!... Si ubriacheranno, se continuano ad alzare il gomito a questo mondo!

— Lasciateli fare, — disse il canadese. — Sono imbottiti d’olio ed il gin non avrà facile presa su di loro.

— Stregone e capo gareggiano che è una meraviglia. Giù, giù, ancora.... hanno già finito!... Corpo di Giove!... Si direbbe che hanno bevuto un litro di acqua fresca. —

I due esquimesi, dopo essersi ben assicurati che non era rimasta più una sola goccia, passarono le bottiglie ben asciutte ai loro sudditi, perchè potessero almeno fiutare l’odore, poi s’accostarono, non senza una certa esitanza, all’automobile.

Mio fratello bianco, — disse Karalit, rivolgendosi a Dik, — mi ha grandemente spaventato colla sua brutta bestia. Questa bevuta mi era necessaria.