Pagina:Una sfida al Polo.djvu/145

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il traditore all’opera 139


Dovrebbe farmene fare un’altra per rimettermi completamente.

— Più tardi, — rispose l’ex-baleniere. — Fa intanto gli onori di casa a me ed ai miei amici.

— La colazione deve essere pronta.

— Misericordia!... — esclamò Walter. — Che cosa ci offrirà questa botte d’olio? Accettate, signor Gastone?

— E perchè no? — rispose il canadese, ridendo.

— Che cosa potrà offrirci? Qualcuno dei suoi cani fritto nell’olio di foca?

— Si vedrà, Walter. Faremo però bene a portare con noi delle conserve alimentari e qualche bottiglia di Bordeaux.

— Me ne incarico io. —

Lo studente corse nel carrozzone, empì un canestro di scatole e di biscotti, tirò fuori dalla piccola cantina un paio di bottiglie polverose, richiuse accuratamente la porta colla spranga e colle chiavi, per paura che durante la loro assenza gli esquimesi tentassero un saccheggio in piena regola, e raggiunse il canadese e Dik i quali si erano fermati, insieme al capo ed allo stregone, dinanzi ad una catapecchia un po’ più vasta delle altre, adorna, sulla cima, d’una mezza dozzina di crani di renne e d’alci, infilati in corna di narvali.

Dinanzi all’abituro si stendeva, per una mezza dozzina di metri, una specie di galleria che doveva essere ben bassa, formata con pietre e coperta di torba e d’alghe marine.

— Dov’è la porta? — chiese lo studente, che aveva compiuto il giro dell’abitazione senza vederne alcuna.

— È quel buco che immette nella galleria, — disse il canadese.

— Corpo di Giove!... È vero che gli esquimesi sono poco alti, ma non so come facciano ad entrare.

— Strisciando come i serpenti.