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i cacciatori della baia di hudson 209


Dik, aggrappato al volante, stava invece saldo come un blocco di granito e non cessava di aumentare la velocità, poco preoccupandosi della vettura.

Quella corsa pazza durava da un paio d’ore, quando alcune detonazioni rimbombarono in lontananza.

— Rallenta, Dik!... — gridò il canadese. — Siamo vicini a qualche forte.

— Che vi siano dei cacciatori qui? — chiese lo studente.

— Quelli della Compagnia delle Pelliccie.

— Allora Churchill non è lontano.

— Ah!... Come scappano!... —

Presso una collinetta erano comparsi degli animali somiglianti ai daini, ma molto più alti e più grossi di quelli comuni. Erano cinque o sei e fuggivano con grande rapidità sollevando, nella loro corsa sfrenata, coi robusti zoccoli, un turbinìo di nevischio.

— Che cosa sono? — chiese lo studente, il quale aveva preso un fucile, colla speranza di fare un buon colpo.

— Daini mooses, e se vi piace meglio, dei mangiatori di legno. È inutile che sprechiate una palla; qualcuno sarà già rimasto a terra poichè i cacciatori della Compagnia quasi mai mancano il bersaglio.

Ah!... Eccoli!... —

Due uomini coperti di pelli villose ed armati di fucile, muniti di racchette di rete per poter camminare anche sulla neve molle, erano comparsi a circa cinquecento passi dall’automobile la quale avanzava lentamente.

Vedendo la macchina si erano arrestati, poi entrambi, con una mossa simultanea, avevano puntate in aria le loro carabine scaricandole.

— Rispondete al saluto, Dik, — disse il canadese.

Un urlo lacerante che durò parecchi secondi, mandato dalla 14. E. SALGARI ― Una Sfida al Polo.