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226 | capitolo xvii. |
— Sparate, — disse Dik. — Io mi preparo a caricare a fondo. —
Fu un vero fuoco di fila che rimbombò ai due lati dell’automobile. Lo studente ed il canadese gareggiavano in abilità e le morse cadevano sotto i loro colpi, fulminate da quei colpi meravigliosi che le toccavano al cuore o al cervello.
Le compagne, rese furiose per le perdite subite, non accennavano affatto a cedere il campo.
In file compatte, s’avanzavano verso l’automobile, trascinandosi penosamente, con delle contrazioni furiose, tentando di venire a contatto.
Ruggivano ferocemente, facendo rintronare la galleria tutta, provocando perfino delle piccole frane nello strato superiore.
— Salite, — disse ad un tratto l’ex-baleniere. — Giacchè si ostinano, passeremo egualmente.
Tanto peggio per quelli che rimarranno sotto le nostre ruote.
Tenetevi saldi!... —
Walter ed il signor di Montcalm si erano slanciati sui predellini, poi si erano messi dietro all’ex-baleniere, ricaricando prontamente i fucili.
— Bestie dannate!... — esclamò lo studente. — Non credevo che fossero così ostinati i barilotti d’olio. —
L’automobile prese lo slancio e si scagliò innanzi colla violenza d’un ariete che sfonda la porta d’una fortezza, passando quasi di volo attraverso quell’ammasso mostruoso di corpi.
Fu una serie di salti spaventosi che mise a dura prova i muscoli dei tre esploratori, poichè l’automobile passava, insieme al pesante carrozzone, sopra i disgraziati anfibi, lasciandosi dietro un vero fiume di sangue e d’olio.
Lo slancio era stato così improvviso e così fulmineo, che i trichechi non avevano avuto il tempo di tentare nessun attacco,