Pagina:Una sfida al Polo.djvu/282

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276 capitolo xxii.

bottiglia per combattere alla meglio quel freddo feroce che non accennava affatto a diminuire.

La notte era scesa, una notte oscurissima marina, e la tempesta non cessava d’infuriare.

La neve continuava ad accumularsi intorno all’automobile formando dei bastioni alti tre ed anche quattro metri, che di quando in quando venivano sfondati dalla furia del vento polare.

— Bella notte, — disse ad un tratto lo studente, dopo di aver sbadigliato come un orso. — Che domani ci svegliamo con un contorno di ghiaccio? E la cena?

— Andate a prendervela nel carrozzone, disse il canadese.

— Se le pressioni fossero cessate mi ci proverei, signor Gastone, anche perchè io non sono mai stato abituato a coricarmi senza aver prima cacciato qualche cosa nel mio ventre, fosse pure un miserabile biscotto bagnato con un po’ di gin.

— Non vi consiglierei di avventurarvi sul pak con un simile tempo. Non andreste certamente molto lontano.

— Freddo e ventre vuoto!... Questo non può durare.

— Volete un altro consiglio?

— Dite pure, signor Gastone.

— Stringete la cintura dei vostri calzoni, copritevi bene e chiudete gli occhi. Chi dorme non sente più gli stiracchiamenti dello stomaco.

— Farò come voi dite.

— Dik, accendete un fanale per tenere lontani gli orsi bianchi. Potrebbero approfittare di questa tempesta per farci una visita, da me non certo desiderata.

— E da me anzi invocata, signor Gastone, — disse lo studente. — Sarebbe l’arrivo della cena e di non so quanti pranzi poi.