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288 capitolo xxiii.

CAPITOLO XXIII.


L’ultimo mammouth?


Come ebbero mangiato in fretta per approfittare delle poche ore di luce che rimanevano, avvicinandosi rapidamente la lunga notte polare, i tre esploratori che sentivano un grande bisogno di muoversi per combattere il torpore che li invadeva in causa del grande freddo, presero le armi e si allontanarono verso il settentrione, colla speranza di fare l’incontro di qualche orso.

Ne avevano già veduti parecchi durante la loro fulminea corsa e si tenevano certi di sparare non pochi colpi di fucile.

Pel treno, affondato nella neve fino alla parte inferiore dello chassis, non avevano nulla da temere, tanto più che avevano prima sprangato il carrozzone il quale conteneva i viveri.

La selvaggina non si presentava troppo abbondante. Qualche volpe polare scappava con velocità fulminea, sfidando le palle che lo studente le sparava dietro senza riuscire a colpirle; abbondavano invece i volatili, specialmente i borgomastri ed i gabbiani, ma nessuno pensava a sprecare delle munizioni diventate ormai piuttosto scarse.

Avevano percorso un paio di chilometri quando, con loro grande sorpresa, trovarono impresse sulla neve delle orme gigantesche che non potevano essere state prodotte dalle zampe di orsi bianchi, gli animali più grossi fino allora conosciuti.

— Signor Gastone, — chiese lo studente, al colmo dello stupore. — Quale bestione può aver impresse su questa neve queste orme? —