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44 | capitolo iv. |
— Sono pronto: spegnete la lampada elettrica ed apritemi la porta senza far rumore.
— Qua una buona stretta di mano, signor di Montcalm, — disse il maestro, con voce vivamente commossa. — Sangue freddo e colpo sicuro. —
Si strinsero la mano, la porta fu aperta, poi la lampada spenta, ed il canadese entro nella tenebrosa sala, in punta dei piedi, impugnando solidamente il bowie-knife e riparandosi il petto col braccio sinistro difeso dalla giacca strettamente avvolta.
Era già entrato l’americano e si era già messo in agguato? Ecco due terribili, angosciose domande, che non potevano avere per il momento nessuna risposta.
Il canadese, come l’aveva consigliato il suo maestro, fece tre o quattro passi seguendo la parete, poi si fermò, avendo trovato un ostacolo.
Doveva essere il pianoforte, l’unico mobile che ingombrava quella vasta sala che pareva fatta appositamente per i duelli americani.
— Aspettiamolo, — mormorò fra sè il signor di Montcalm.
Si appoggiò alla parete senza produrre il menomo rumore, raccogliendosi su se stesso come una tigre che si prepara ad avventarsi sulla preda, e si mise in ascolto, trattenendo il respiro.
Dov’era mister Torpon? Chi poteva dirlo? S’avanzava cautamente attraverso la sala, col coltello alzato, pronto a vibrare il colpo o stava seguendo le pareti? Quanto avrebbe dato per saperlo.
Invano i suoi occhi cercavano di forare le tenebre, colla speranza di scoprire, almeno vagamente, l’ombra del suo avversario; invano concentrava tutti i suoi sensi nell’udito, colla spe-