Pagina:Vannicola - De profundis clamavi ad te, 1905.djvu/46

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per i campi della Caldèa, guarda il cielo traverso le pure notti d’oriente, e dice alle stelle il loro nome, il loro destino, il segreto del loro oscuramento, della loro sparizione, del loro ritorno.

L’astro stesso che non apparisce se non un giorno ogni qualche secolo, non ha potuto nascondere all’uomo la sua corsa: chiamato ad ora fissa, egli si distacca dalle profondità inconcepibili dove nessun sguardo lo segue, viene, raggiunge il punto già segnato nel nostro breve orizzonte, e, salutando col suo palpito igneo l’intelligenza che lo profetizzava, torna alle solitudini interminate, là dove soltanto l’Infinito mai lo perde di vista....

Fra la terra e il cielo, l’uomo ha decomposto l’aria che respira e il fluido che l’illumina, e, come un gigante che ha tutto abbattuto attorno a lui, irritato d’incontrare ancora un ostacolo, corpo a corpo con la folgore, egli tratta questo terribile riassunto delle forze naturali come un bambolo che si dirige con un filo, ora arrestandolo rispettoso sul pinnacolo dei tempii, ora forzandolo a preci-