Pagina:Vannicola - De profundis clamavi ad te, 1905.djvu/47

Da Wikisource.

pitare nei muti abissi della terra.... Poi migra più in alto, e si domanda che può esservi oltre Urano e oltre Nettuno, qual’è l’orbita che move tutte le orbite già misurate dal suo compasso; e trova uno spazio infinito che si moltiplica di continuo, e nuovi pianeti, e nuovi soli che fanno centro a nuovi sistemi, nuovi globi che vagano silenziosi, che danzano, nuotano, corrono, si precipitano, a cerchi, a giri, a elissi, ad orbite; e poi lontano, oltre l’ultimo punto luminoso, altre stelle ed altri soli ed altri sistemi; e più egli s’inoltra e più tutto s’inoltra. L’uomo che ha guardato il mare e il cielo, fissa senza impallidire l’infinito e passa oltre. E, quando pervenuto al termine d’ogni verità, aiutato dal Sommo Aquinate, sente presso di sè l’aliare leggero dei Troni, delle Virtù, delle Dominazioni, vedendo già senza ancora vedere, egli dice: Là è Dio! Là è la felicità! Ma allora che riapre gli occhi per sorridere in faccia al nuovo lume di gloria, l’uomo si ritrova nuovamente travolto nelle tenebre della terra portando nelle vene e nelle midolle un veleno d’impotenza