Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/132

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amicizia e tanta stretta familiarità con Michelagnolo Buonarroti, che poi fu sempre da lui molto amato. Il che fece Michelagnolo non tanto perché vedesse in Giuliano una profonda maniera di disegnare, quanto una grandissima diligenza et amore che portava all’arte. Era in Giuliano oltre ciò una certa bontà naturale et un certo semplice modo di vivere senza malignità o invidia che infinitamente piaceva al Buonarroto, né alcun notabile difetto fu in costui se non che troppo amava l’opere che egli stesso faceva. E se bene in questo peccano comunemente tutti gl’uomini, egli nel vero passava il segno, o la molta fatica e diligenza che metteva in lavorarle o altra qual si fusse di ciò la cagione, onde Michelagnolo usava di chiamarlo beato, poi che pareva si contentasse di quello che sapeva, e se stesso infelice, che mai di niuna sua opera pienamente si sodisfaceva. Dopo che ebbe un pezzo atteso al disegno Giuliano nel detto giardino, stette pur insieme col Buonarruoti e col Granacci, con Domenico Grillandai quando faceva la cappella di Santa Maria Novella. Dopo, cresciuto e fatto assai ragionevole maestro, si ridusse a lavorare in compagnia di Mariotto Albertinelli in Gualfonda, nel qual luogo finì una tavola che oggi è all’entrata della porta di Santa Maria Maggiore di Firenze, dentro la quale è un Santo Alberto frate carmelitano, che ha sotto i piedi il diavolo in forma di donna, che fu opera molto lodata. Solevasi in Firenze avanti l’assedio del 1530, nel sepellire i morti che erano nobili e di parentado, portare innanzi al cataletto, appiccati intorno a una tavola la quale portava in capo un facchino, una filza di drapelloni, i quali poi rimanevano alla chiesa per memoria del defunto e della famiglia. Quando dunque morì Cosimo Rucellai il vecchio, Bernardo e Palla suoi figliuoli pensarono per far cosa nuova di non far drapelloni, ma in quel cambio una bandiera quadra di quattro braccia larga e cinque alta, con alcuni drapelloni ai piedi con l’arme de’ Rucellai. Dando essi addunque a fare quest’opera a Giuliano, egli fece nel corpo di detta bandiera quattro figuroni grandi, molto ben fatti, cioè San Cosimo e Damiano e San Piero e San Paulo, le quali furono pitture veramente bellissime e fatte con più diligenza che mai fusse stata fatta altra opera in drappo. Queste et altre opere di Giuliano avendo veduto Mariotto Albertinelli e conosciuto quanto fusse diligente in osservare i disegni che se gli mettevano innanzi, senza uscirne un pelo, in que’ giorni che si dispose abbandonare l’arte, gli lasciò a finire una tavola che già fra’ Bartolomeo di S. Marco suo compagno et amico avea lasciata solamente disegnata et aombrata con l’acquerello in sul gesso della tavola, sì come era di suo costume. Giuliano addunque messovi mano, con estrema diligenza e fatica condusse quest’opera, la quale fu allora posta nella chiesa di San Gallo fuor della porta, la quale chiesa e convento fu poi rovinato per l’assedio, e la tavola portata dentro e posta nello spedal de’ preti in via di San Gallo; di lì poi nel convento di San Marco et ultimamente in San Iacopo tra’ Fossi al canto agl’Alberti, dove al presente è collocata all’altare maggiore. In questa tavola è Cristo morto, la Madalena che gl’abbraccia i piedi e San Giovanni Evangelista che gli tiene la testa e lo sostiene sopra un ginocchio; èvvi similmente San Piero che piagne e San Paulo che aprendo le braccia contempla il suo signore morto. E per vero dire, condusse Giuliano questa tavola con