Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/137

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per sopranome Doceno, figliuolo di Guido Gherardi, uomo d’orrevole famiglia in quella città, attendendo per naturale inclinazione con molto profitto alla pittura, disegnava e coloriva così bene e con tanta grazia, che era una maraviglia. Per che, avendo il sopra detto Raffaello veduto di mano di costui alcuni animali come cani, lupi, lepri e varie sorti d’uccelli e pesci molto ben fatti, e vedutolo di dolcissima conversazione e tanto faceto e motteggevole, come che fusse astratto nel vivere e vivesse quasi alla filosofica, fu molto contento d’avere sua amistà e che gli praticasse per imparare in bottega. Avendo dunque sotto la disciplina di Raffaello disegnato Cristofano alcun tempo, capitò al Borgo il Rosso, con quale avendo fatto amicizia et avuto de’ suoi disegni, studiò Doceno sopra quelli con molta diligenza, parendogli (come quelli che non aveva veduto altri che di mano di Raffaello) che fussino, come erano in vero, bellissimi. Ma cotale studio fu da lui interrotto perché, andando Giovanni de’ Turrini dal Borgo allora capitano de’ fiorentini con una banda di soldati borghesi e da Città di Castello alla guardia di Firenze, assediata dall’esercito imperiale e di papa Clemente, vi andò fra gl’altri soldati Cristofano, essendo stato da molti amici suoi sviato; ben è vero che vi andò non meno con animo d’avere a studiare con qualche commodo le cose di Fiorenza che di militare, ma non gli venne fatto, perché Giovanni suo capitano ebbe in guardia non alcun luogo della città, ma i bastioni del monte di fuora. Finita quella guerra, essendo non molto dopo alla guardia di Firenze il signor Alessandro Vitelli da Città di Castello, Cristofano tirato dagl’amici e dal disiderio di vedere le pitture e sculture di quella città, si mise come soldato in detta guardia, nella quale mentre dimorava avendo inteso il signor Alessandro da Battista della Bilia, pittore e soldato da Città di Castello, che Cristofano attendeva alla pittura et avuto un bel quadro di sua mano, avea disegnato mandarlo con detto Battista della Bilia e con un altro Battista similmente da Città di Castello, a lavorare di sgraffito e di pitture un giardino e loggia che a Città di Castello avea cominciato. Ma essendosi mentre si murava il detto giardino morto quello et in suo luogo entrato l’altro Battista, per allora, che se ne fusse cagione, non se ne fece altro. Intanto essendo Giorgio Vasari tornato da Roma, e trattenendosi in Fiorenza col duca Alessandro insino a che il cardinale Ipolito suo signore tornasse d’Ungheria, aveva avuto le stanze nel convento de’ Servi, per dar principio a fare certe storie in fresco de’ fatti di Cesare nella camera del canto del palazzo de’ Medici, dove Giovanni da Udine avea di stucchi e pitture fatta la volta, quando Cristofano, avendo conosciuto Giorgio Vasari nel Borgo l’anno 1528 quando andò a vedere colà il Rosso dove l’avea molto carezzato, si risolvé di volere ripararsi con esso lui, e con sì fatta comodità attendere all’arte molto più che non aveva fatto per lo passato. Giorgio dunque, avendo praticato con lui un anno che li stette seco e trovatolo suggetto da farsi valent’uomo e che era di dolce e piacevole conversazione e secondo il suo gusto, gli pose grandissimo amore. Onde avendo a ire non molto dopo, di commessione del duca Alessandro, a Città di Castello in compagnia d’Antonio da San Gallo e di Pier Francesco da Viterbo, i quali erano stati a Fiorenza per fare il castello, o vero