Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/148

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Rachel sua sorella, figliuola di Laban, figurata per essa Vita contemplativa. L’ultima storia, la quale anch’essa è in mezzo a due nicchie e chiude il fine di tutta l’invenzione, è la Morte, la quale sopra un caval secco e con la falce in mano, avendo seco la guerra, la peste e la fame, corre addosso ad ogni sorte di gente. In una nicchia è lo dio Plutone et a basso Cerbero cane infernale, e nell’altra è una figura grande che resuscita il dì novissimo d’un sepolcro. Dopo le quali tutte cose fece Cristofano, sopra i frontespizii delle finestre inginocchiate, alcuni ignudi che tengono l’imprese di sua eccellenza, e sopra la porta un’arme ducale, le cui sei palle sono sostenute da certi putti ignudi, che volando s’intrecciano per aria. E per ultimo nei basamenti da basso, sotto tutte le storie, fece il medesimo Cristofano l’impresa di esso Messer Sforza, cioè alcune aguglie o vero piramidi triangolari che posano sopra tre palle, con un motto intorno che dice: "Inmobilis". La quale opera finita fu infinitamente lodata da sua eccellenza e da esso Messer Sforza, il quale come gentilissimo e cortese, voleva con un donativo d’importanza ristorare la virtù e fatica di Cristofano, ma egli nol sostenne, contentandosi e bastandogli la grazia di quel signore, che sempre l’amò quanto più non saprei dire. Mentre che quest’opera si fece, il Vasari, sì come sempre avea fatto per l’adietro, tenne con esso seco Cristofano in casa del signor Bernardetto de’ Medici al quale, perciò che vedeva quanto si dilettava della pittura, fece esso Cristofano in un canto del giardino due storie di chiaro scuro: l’una fu il rapimento di Proserpina e l’altra Vertunno e Pomona dèi dell’agricoltura, et oltre ciò fece in quest’opera Cristofano alcuni ornamenti di termini e putti tanto belli e varii, che non si può veder meglio. Intanto essendosi dato ordine in palazzo di cominciare a dipignere, la prima cosa a che si mise mano fu una sala delle stanze nuove, la quale, essendo larga braccia venti e non avendo disfogo, secondo che l’aveva fatta il Tasso, più di nove braccia, con bella invenzione fu alzata tre, cioè insino a dodici in tutto, dal Vasari senza muovere il tetto, che era la metà a padiglione. Ma perché in ciò fare, prima che si potesse dipignere andava molto tempo in rifare i palchi et altri lavori di quella e d’altre stanze, ebbe licenza esso Vasari d’andare a starsi in Arezzo due mesi insieme con Cristofano, ma non gli venne fatto di potere in detto tempo riposarsi, conciò sia che non poté mancare di non andare in detto tempo a Cortona, dove nella Compagnia del Gesù dipinse la volta e le facciate in fresco insieme con Cristofano, che si portò molto bene, e massimamente in dodici sacrificii variati del Testamento Vecchio, i quali fecero nelle lunette fra i peducci delle volte. Anzi per meglio dire fu quasi tutta questa opera di mano di Cristofano, non avendovi fatto il Vasari che certi schizzi, disegnato alcune cose sopra la calcina e poi ritocco tal volta alcuni luoghi, secondo che bisognava. Fornita quest’opera che non è se non grande, lodevole e molto ben condotta, per la molta varietà delle cose che vi sono, se ne tornarono amendue a Fiorenza del mese di gennaio, l’anno 1555, dove, messo mano a dipignere la sala degl’Elementi, mentre il Vasari dipigneva i quadri del palco, Cristofano fece alcune imprese che rilegano i fregi delle travi per lo ritto, nelle quali sono teste di capricorno e testuggini con la vela, imprese