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VITA DI GIOVANNANTONIO DETTO IL SODDOMA DA VERZELLI PITTORE


E gl’uomini conoscesseno il loro stato quando la fortuna porge loro occasione di farsi ricchi, favorendoli appresso gl’uomini grandi, e se nella giovanezza s’affaticassino per accompagnare la virtù con la fortuna, si vedrebbono maravigliosi effetti uscire dalle loro azzioni, là dove spesse volte si vede il contrario avenire; perciò che, sì come è vero che chi si fida interamente della fortuna sola resta le più volte ingannato, così è chiarissimo, per quello che ne mostra ogni giorno la sperienza, che anco la virtù sola non fa gran cose se non accompagnata dalla fortuna. Se Giovannantonio da Verzelli, come ebbe buona fortuna avesse avuto, come se avesse studiato poteva, pari virtù, non si sarebbe al fine della vita sua, che fu sempre stratta e bestiale, condotto pazzamente nella vecchiezza a stentare miseramente. Essendo adunque Giovannantonio condotto a Siena da alcuni mercatanti agenti degli Spannocchi, volle la sua buona sorte, e forse cattiva, che non trovando concorrenza per un pezzo in quella città, vi lavorasse solo, il che se bene gli fu di qualche utile, gli fu alla fine di danno, perciò che quasi adormentandosi, non istudiò mai, ma lavorò le più delle sue cose per pratica; e se pur studiò un poco, fu solamente in disegnare le cose di Iacopo dalla Fonte, ché erano in pregio, e poco altro. Nel principio facendo molti ritratti di naturale con quella sua maniera di colorito acceso che egli avea recato di Lombardia, fece molte amicizie in Siena più per essere quel sangue amorevolissimo de’ forestieri, che perché fusse buon pittore. Era oltre ciò uomo allegro, licenzioso, e teneva altrui in piacere e spasso, con vivere poco onestamente; nel che fare, però che aveva sempre attorno fanciulli e giovani sbarbati, i quali amava fuor di modo, si acquistò il sopranome di Soddoma, del quale, non che si prendesse noia o sdegno, se ne gloriava, facendo sopra esso stanze e capitoli e cantandogli in sul liuto assai commodamente. Dilettossi, oltre ciò, d’aver per casa di più sorte stravaganti animali: tassi, scoiattoli, bertucce, gatti mammoni, asini nani, cavalli barbari da correre palii, cavallini piccoli dell’Elba, ghiandaie, galline nane, tortole indiane et altri sì fatti animali, quanti gliene potevano venire alle mani, ma oltre tutte queste bestiacce aveva un corbo che da lui aveva così bene imparato a favellare, che contrafaceva in molte cose la voce di Giovannantonio, e particolarmente in rispondendo a chi picchiava la porta, tanto bene che pareva Giovannantonio stesso, come benissimo sanno tutti i sanesi. Similmente gl’altri animali erano tanto domestichi, che sempre stavano intorno altrui per casa, facendo i più strani giuochi et i più pazzi versi del mondo, di maniera che la casa di costui pareva proprio l’arca di Noè. Questo vivere adunque, la strattezza della vita e l’opere e pitture, che pur faceva qualcosa di buono, gli facevano avere tanto nome fra’ sanesi, cioè nella plebe