Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/243

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vede maravigliato e parere che il palco, che è piano, sia sfondato, essendo massimamente accompagnata con bella varietà di cornici, maschere, festoni et alcuna figura, che fanno ricchissimo ornamento a tutta l’opera, che merita d’essere da ognuno infinitamente lodata per la novità e per essere stata condotta con molta diligenza ottimamente a fine. E perché questo modo piacque assai a quel serenissimo senato, fu dato a fare ai medesimi un altro palco simile, ma piccolo, nella libreria di San Marco, che per opera di simili andari fu lodatissimo; et i medesimi finalmente sono stati chiamati alla patria loro Brescia a fare il medesimo a una magnifica sala, che già molti anni sono fu cominciata in piazza con grandissima spesa e fatta condurre sopra un teatro di colonne grandi, sotto il quale si passeggia. È lunga questa sala a sessantadue passi andanti, larga trentacinque et alta similmente nel colmo della sua maggiore altezza braccia trentacinque, ancor ch’ella paia molto maggiore, essendo per tutti i versi isolata e senza alcuna stanza o altro edifizio intorno. Nel palco adunque di questa magnifica et onoratissima sala si sono i detti due fratelli molto adoperati e con loro grandissima lode, avendo a’ cavagli di legname che son di pezzi con spranghe di ferri i quali sono grandissimi e bene armati, e fatto centina al tetto che è coperto di piombo, e fatto tornare il palco con bell’artifizio a uso di volta a schifo, che è opera ricca; ma è ben vero che in sì gran spazio non vanno se non tre quadri di pitture a olio di braccia dieci l’uno, i quali dipigné Tiziano vecchio, dove ne sarebbono potuti andar molti più con più bello e proporzionato e ricco spartimento, che arebbono fatto molto più bella, ricca e lieta la detta sala, che è in tutte l’altre parti stata fatta con molto giudizio. Ora, essendosi in questa parte favellato insin qui degl’artefici del disegno delle città di Lombardia, non fia se non bene, ancor che se ne sia in molti altri luoghi di questa nostr’opera favellato, dire alcuna cosa di quelli della città di Milano, capo di quella provincia, de’ quali non si è fatta menzione. Adunque, per cominciarmi da Bramantino, del quale si è ragionato nella vita di Piero della Francesca dal Borgo, io truovo che egli ha molte più cose lavorato di quelle che abbiamo raccontato di sopra; e nel vero, non mi pareva possibile che un artefice tanto nominato et il quale mise in Milano il buon disegno, avesse fatto sì poche opere quante quelle erano che mi erano venute a notizia. Poi, dunque, che ebbe dipinto in Roma, come s’è detto, per papa Nicola Quinto alcune camere e finito in Milano sopra la porta di San Sepolcro il Cristo in iscorto, la Nostra Donna che l’ha in grembo, la Maddalena e San Giovanni, che fu opera rarissima, dipinse nel cortile della Zecca di Milano a fresco in una facciata la Natività di Cristo nostro Salvatore e nella chiesa di Santa Maria di Bara, nel tramezzo, la natività della Madonna et alcuni Profeti negli sportelli dell’organo che scortano al di sotto in su molto bene, et una prospettiva che sfugge con bell’ordine ottimamente; di che non mi fo maraviglia, essendosi costui dilettato et avendo sempre molto ben posseduto le cose d’architettura. Onde mi ricordo aver già veduto in mano di Valerio Vicentino un molto bel libro d’antichità, disegnato e misurato di mano di Bramantino, nel quale erano le cose di Lombardia e le piante di molti edifizii notabili, le quali io disegnai da quel libro essendo giovinetto. Eravi il tempio di Santo