Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/248

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che anco non avenga alcuna volta il contrario. Davit e Benedetto Ghirlandai, se bene ebbono bonissimo ingegno et arebbono potuto farlo, non però seguitarono nelle cose dell’arte Domenico lor fratello, perciò che dopo la morte di detto lor fratello si sviarono dal bene operare; conciò sia che l’uno, cioè Benedetto, andò lungo tempo vagabondo e l’altro s’andò stillando il cervello vanamente dietro al musaico. Davit adunque, il quale era stato molto amato da Domenico e lui amò parimente e vivo e morto, finì dopo lui, in compagnia di Benedetto suo fratello, molte cose cominciate da esso Domenico e particolarmente la tavola di Santa Maria Novella all’altar maggiore, cioè la parte di dietro, che oggi è verso il coro; et alcuni creati del medesimo Domenico finirono la predella di figure piccole, cioè Nicolaio, sotto la figura di Santo Stefano, fece una disputa di quel Santo con molta diligenza; e Francesco Granacci, Iacopo del Tedesco e Benedetto fecero la figura di Santo Antonino arcivescovo di Fiorenza e Santa Caterina da Siena, et in chiesa in una tavola Santa Lucia con la testa d’un frate, vicino al mezzo della chiesa, con molte altre pitture e quadri che sono per le case de’ particolari. Essendo poi stato Benedetto parecchi anni in Francia, dove lavorò, guadagnò assai e se ne tornò a Firenze con molti privilegii e doni avuti da quel re in testimonio della sua virtù, e finalmente avendo atteso non solo alla pittura, ma anco alla milizia, si morì d’anni 50. E Davitte, ancora che molto disegnasse e lavorasse, non però passò di molto Benedetto, e ciò potette avenire, dallo star troppo bene e dal non tenere fermo il pensiero all’arte, la quale non è trovata se non da chi la cerca, e trovata non vuole essere abbandonata, perché si fugge. Sono di mano di Davitte nell’orto de’ monaci degl’Angeli di Firenze, in testa della viottola, che è dirimpetto alla porta che va in detto orto, due figure a fresco a’ piè d’un Crucifisso, cioè San Benedetto e San Romualdo, et alcun’altre cose simili poco degne che di loro si faccia alcuna memoria. Ma non fu poco, poiché non volle Davitte attendere all’arte, che vi facesse attendere con ogni studio e per quella incaminasse Ridolfo, figliuolo di Domenico e suo nipote; conciò fusse che, essendo costui, il quale era a custodia di Davitte, giovinetto di bell’ingegno, fugli messo a esercitare la pittura e datogli ogni commodità di studiare dal zio, il quale si pentì tardi di non avere egli studiatola, ma consumato il tempo dietro al musaico. Fece Davit sopra un grosso quadro di noce, per mandarla al re di Francia, una Madonna di musaico con alcuni Angeli attorno, che fu molto lodata; e dimorando a Montaione, castello di Valdelsa, per aver quivi commodità di vetri, di legnami e di fornaci, vi fece molte cose di vetri e musaici, e particolarmente alcuni vasi che furono donati al Magnifico Lorenzo Vecchio de’ Medici, e tre teste, cioè di San Piero e San Lorenzo e quella di Giuliano de’ Medici in una tegghia di rame, le quali son oggi in guardaroba del Duca. Rifoldo intanto, disegnando al cartone di Michelagnolo, era tenuto de’ migliori disegnatori che vi fussero e perciò molto