Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/292

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da lui edificata, e la quale doveva essere ufficiata dai detti padri, gli facessero la sua sepoltura. Ragionandosi dunque di farla, fu proposto dai frati ai detti essecutori fra’ Giovann’Agnolo, al quale, andato egli come s’è detto a Napoli, finalmente fu la detta sepoltura allogata, essendo stati giudicati i suoi modelli assai migliori di molti altri che n’erano stati fatti da diversi scultori, per mille scudi. De’ quali avendo avuto buona partita, mandò a cavare i marmi Francesco del Tadda da Fiesole, intagliatore eccellente, al quale aveva dato a fare tutti i lavori di quadro e d’intaglio che avevano a farsi in quell’opera per condurla più presto. Mentre che il frate si metteva a ordine per fare la detta sepoltura, essendo in Puglia venuta l’armata turchesca e perciò standosi in Napoli con non poco timore, fu dato ordine di fortificare la città e fatti sopra ciò quattro grand’uomini e di migliore giudizio; i quali per servirsi d’architettori intendenti, andarono pensando al frate, il quale avendo di ciò alcuno sentore avuto e non parendogli che ad uomo religioso come egli era istesse bene adoperarsi in cose di guerra, fece intendere a detti essecutori che farebbe quell’opera o in Carrara, o in Fiorenza, e ch’ella sarebbe al promesso tempo condotta e murata al luogo suo. Così dunque condottosi da Napoli a Fiorenza, gli fu subito fatto intendere dalla signora donna Maria, madre del duca Cosimo, che egli finisse il S. Cosimo, che già aveva cominciato con ordine del Buonarroto, per la sepoltura del Magnifico Lorenzo Vecchio. Onde rimessovi mano, lo finì; e ciò fatto, avendo il Duca fatto fare gran parte de’ condotti per la fontana grande di Castello sua villa et avendo quella ad avere per finimento un Ercole in cima che facesse scoppiare Anteo, a cui uscisse in cambio del fiato acqua di bocca che andasse in alto, fu fattone fare al frate un modello assai grandetto, il quale piacendo a sua eccellenza, fu comessogli che lo facesse et andasse a Carrara a cavare il marmo; la dove andò il frate molto volentieri per tirare innanzi con quella occasione la detta sepoltura del Sanazzaro e particolarmente una storia di figure di mezzo rilievo. Standosi dunque il frate a Carrara, il cardinale Doria scrisse di Genova al cardinal Cibo, che si trovava a Carrara, che non avendo mai finita il Bandinello la statua del principe Doria e non avendola a finire altrimenti, che procacciasse di fargli avere qualche valentuomo scultore che la facesse, perciò che avea cura di sollecitare quell’opera. La quale lettera avendo ricevuta Cibo, che molto innanzi avea cognizione del frate, fece ogni opera di mandarlo a Genova, ma egli disse sempre non potere e non volere in niun modo servire sua signoria reverendissima, se prima non sodisfaceva all’obligo e promessa che aveva col duca Cosimo. Avendo mentre che queste cose si trattavano tirata molto innanzi la sepoltura del Sanazzaro et abbozzato il marmo dell’Ercole, se ne venne con esso a Firenze, dove con molta prestezza e studio lo condusse a tal termine, che poco arebbe penato a fornirlo del tutto, se avesse seguitato di lavorarvi; ma essendo uscita una voce che il marmo a gran pezza non riusciva opera perfetta come il modello e che il frate era per averne difficultà a rimettere insieme le gambe dell’Ercole che non riscontravano col torso, Messer Pierfrancesco Riccio maiordomo, che pagava la provisione al frate, cominciò, lasciandosi troppo più volgere di quello che doverebbe un uomo