Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/293

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grave, ad andare molto ratenuto a pagargliela, credendo troppo al Bandinello che con ogni sforzo pontava contro a colui, per vendicarsi dell’ingiuria che parea che gl’avesse fatto di aver promesso voler fare la statua del Doria, disobligato che fusse dal Duca. Fu anco openione che il favore del Tribolo, il quale faceva gl’ornamenti di Castello, non fusse d’alcun giovamento al frate, il quale, comunche si fusse, vedendosi essere bistrattato dal Riccio, come collerico e sdegnoso, se n’andò a Genova, dove dal cardinale Doria e dal principe gli fu allogata la statua di esso principe che dovea porsi in sulla piazza Doria; alla quale avendo messo mano senza però intralasciare del tutto l’opera del Sanazzaro, mentre il Tadda lavorava a Carrara il resto degl’intagli e del quadro, la finì con molta sodisfazione del principe e de’ genovesi. E se bene la detta statua era stata fatta per dovere essere posta in sulla piazza Doria, fecero nondimeno tanto i genovesi, che a dispetto del frate ella fu posta in sulla piazza della Signoria, non ostante che esso frate dicesse che avendola lavorata perché stesse isolata sopra un basamento, ella non poteva star bene, né avere la sua veduta a canto a un muro. E per dire il vero non si può far peggio che mettere un’opera fatta per un luogo in un altro; essendo che l’artefice nell’operare si va quanto ai lumi e le vedute accomodando al luogo dove dee essere la sua o scultura o pittura collocata. Dopo ciò vedendo i genovesi e piacendo molto loro le storie et altre figure fatte per la sepoltura del Sanazzaro, vollono che il frate facesse per la loro chiesa catedrale un San Giovanni Evangelista, che finito, piacque loro tanto, che ne restarono stupefatti. Da Genova partito finalmente fra’ Giovann’Agnolo andò a Napoli dove nel luogo già detto mise su la sepoltura detta del Sanazzaro, la quale è così fatta: in sui canti da basso sono due piedistalli, in ciascuno de’ quali è intagliata l’arme di esso Sanazzaro, e nel mezzo di questi è una lapide di braccia uno e mezzo, nella quale è intagliato l’epitaffio che Iacopo stesso si fece, sostenuto da due puttini; di poi sopra ciascuno dei piedistalli è una statua di marmo tonda a sedere, alta quattro braccia, cioè Minerva et Apollo, et in mezzo a queste fra l’ornamento di due mensole, che sono dai lati, è una storia di braccia due e mezzo per ogni verso, dentro la quale sono intagliati di basso rilievo fauni, satiri, ninfe et altre figure, che suonano e cantano nella maniera che ha scritto nella sua dottissima Arcadia di versi pastorali quell’uomo eccellentissimo. Sopra questa storia è posta una cassa tonda di bellissimo garbo e tutta intagliata et adorna molto, nella quale sono l’ossa di quel poeta, e sopra essa in sul mezzo è in una basa la testa di lui ritratta dal vivo con queste parole a piè: "Actius Sincerus", accompagnata da due putti con l’ale a uso d’amori, che intorno hanno alcuni libri. In due nicchie poi, che sono dalle bande nell’altre due facce della cappella, sono sopra due base due figure tonde di marmo ritte e di tre braccia l’una o poco più: cioè San Iacopo apostolo e San Nazzaro. Murata dunque nella guisa che s’è detta quest’opera, ne rimasero sodisfattissimi i detti signori esecutori e tutto Napoli. Dopo ricordandosi il frate d’avere promesso al principe Doria di tornare a Genova, per fargli in San Matteo la sua sepoltura et ornare tutta quella chiesa, si partì subito da Napoli et andossene a Genova, dove arrivato e fatti i modelli dell’opera che dovea