Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/297

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da tre ninfe ignude grandi sei palmi l’una, sopra le quali è posta l’ultima tazza, che da loro è con le braccia sostenuta. Nella quale tazza, facendo basamento quattro delfini col capo basso e con le code alte, reggono una palla, di mezzo alla quale per quattro teste esce acqua che va in alto e così dai delfini sopra i quali sono a cavallo quattro putti nudi. Finalmente nell’ultima cima è una figura armata rappresentante Orione, stella celeste, che ha nello scudo l’arme della città di Messina, della quale si dice, o più tosto si favoleggia essere stata edificatrice. Così fatta dunque è la detta fonte di Messina, ancor che non si possa così ben con le parole come si farebbe col disegno dimostrarla. E perché ella piacque molto a’ messinesi, gliene feciono fare un’altra in sulla marina dove è la dogana, la quale riuscì anch’essa bella e ricchissima; et ancor che quella similmente sia a otto facce, è nondimeno diversa dalla sopra detta, perciò che questa ha quattro facce di scale che sagliono tre gradi, e quattro altre minori mezze tonde, sopra le quali dico è la fonte in otto facce; e le sponde della fontana grande di sotto hanno al pari di loro in ogni angolo un piedistallo intagliato, e nelle facce della parte dinanzi un altro in mezzo a quattro di esse. Dalle parte poi dove sono le scale tonde è un pilo di marmo aovato, nel quale per due maschere, che sono nel parapetto sotto le sponde intagliate, si getta acqua in molta copia; e nel mezzo del bagno di questa fontana è un basamento alto a proporzione, sopra il quale è l’arme di Carlo Quinto et in ciascun angolo di detto basamento è un cavallo marino che fra le zampe schizza acqua in alto. E nel fregio del medesimo, sotto la cornice di sopra, sono otto mascheroni che gettano all’ingiù otto polle d’acqua, et in cima è un Nettunno di braccia cinque il quale avendo il tridente in mano posa la gamba ritta a canto a un delfino; sono poi dalle bande sopra due altri basamenti Scilla e Cariddi in forma di due mostri, molto ben fatti, con teste di cane e di furie intorno. La quale opera finita similmente piacque molto a’ messinesi i quali avendo trovato un uomo secondo il gusto loro diedero, finite le fonti, principio alla facciata del Duomo, tirandola alquanto inanzi, e dopo ordinarono di far dentro dodici cappelle d’opera corinzia, cioè sei per banda con i dodici Apostoli di marmo di braccia cinque l’uno, delle quali tutte ne furono solamente finite quattro dal frate, che vi fece di sua mano un San Pietro et un San Paulo, che furono due grandi e molto buone figure. Doveva anco fare in testa della cappella maggiore un Cristo di marmo, con ricchissimo ornamento intorno, e sotto ciascuna delle statue degl’Apostoli una storia di basso rilievo, ma per allora non fece altro. In sulla piazza del medesimo Duomo ordinò con bella architettura il tempio di San Lorenzo, che gli fu molto lodato. In sulla marina fu fatta di suo ordine la torre del fanale, e mentre che queste cose si tiravano innanzi, fece condurre in San Domenico per il capitan Cicala una cappella, nella quale fece di marmo una Nostra Donna grande quanto il naturale, e nel chiostro della medesima chiesa, alla cappella del signor Agnolo Borsa, fece in marmo di basso rilievo una storia, che fu tenuta bella e condotta con molta diligenza; fece anco condurre, per lo muro di Santo Agnolo, acqua per una fontana e vi fece di sua mano un putto di marmo grande che versa in un vaso molto adorno e benissimo accomodato, che fu tenuta bell’