Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/301

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nel loro capitolo proprio gl’accettarono alcune volte molto cortesemente. Ma essendo poi detto al signor Duca che alcuni di detti monaci non erano del tutto contenti che là entro si edificasse la Compagnia, perché il monasterio arebbe quella servitù et il detto tempio, il quale dicevano volere con l’opere loro fornire, si starebbe quanto a loro a quel modo, sua eccellenza fece sapere agl’uomini dell’Accademia, che già aveva avuto principio et avea fatta la festa di San Luca nel detto tempio, che poiché i monaci, per quanto intendeva, non molto di buonavoglia gli volevano in casa, che non mancherebbe di proveder loro un altro luogo. Disse oltre ciò il detto signor Duca, come principe veramente magnanimo che è, non solo voler favorire sempre la detta Accademia, ma egli stesso esser capo, guida e protettore e che per ciò crearebbe, anno per anno, un luogotenente che in sua vece intervenisse a tutte le tornate. E così facendo per lo primo elesse il reverendo don Vincenzio Borghini, spedalingo degl’Innocenti, delle quali grazie et amorevolezze mostrate dal signor Duca a questa sua nuova Accademia fu ringraziato da dieci de’ più vecchi et eccellenti di quella; ma perché della riforma della Compagnia e degl’ordini dell’Accademia si tratta largamente ne’ capitoli che furono fatti dagl’uomini a ciò deputati et eletti da tutto il corpo per riformatori, fra’ Giovann’Agnolo, Francesco da San Gallo, Agnolo Bronzino, Giorgio Vasari, Michele di Ridolfo e Pierfrancesco di Iacopo di Sandro, coll’intervento del detto luogotenente e confermazione di sua eccellenza, non ne dirò altro in questo luogo. Dirò bene, che non piacendo a molti il vecchio sugello et arme o vero insegna della Compagnia, il quale era un bue con l’ali a giacere, animale dell’Evangelista San Luca, e che ordinatosi perciò che ciascuno dicesse o mostrasse con un disegno il parer suo, si videro i più bei capricci e le più stravaganti e belle fantasie che si possano imaginare. Ma non perciò è anco risoluto interamente quale debba essere accettato. Martino intanto, discepolo del frate, essendo da Messina venuto a Fiorenza, in pochi giorni morendosi, fu sotterrato nella sepoltura detta, stata fatta dal suo maestro, e non molto poi, nel 1564, fu nella medesima con onoratissime essequie sotterrato esso padre fra’ Giovann’Agnolo, stato scultore eccellente e dal molto reverendo e dottissimo maestro Michelagnolo publicamente nel tempio della Nunziata lodato con una molto bella orazione. E nel vero hanno le nostre arti, per molte cagioni, grand’obligo con fra’ Giovann’Agnolo, per avere loro portato infinito amore et agl’artefici di quella parimente. E di quanto giovamento sia stata e sia l’Accademia, che quasi da lui, nel modo che si è detto, ha avuto principio, e la quale è oggi in protezione del signor duca Cosimo e di suo ordine si raguna in San Lorenzo nella sagrestia nuova, dove sono tant’opere di scultura di Michelagnolo, si può da questo conoscere che non pure nell’essequie di esso Buonarroto, che furono, per opera de’ nostri artefici e con l’aiuto del Principe, non dico magnifiche, ma poco meno che reali, delle quali si ragionerà nella vita sua, ma in molte altre cose, hanno per la concorrenza i medesimi, e per non essere indegni accademici, cose maravigliose operato. Ma particolarmente nelle nozze dell’illustrissimo signor principe di Fiorenza e