Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/346

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mezzo teatro di legname, a uso di colosseo, nel quale si aveva da recitare una tragedia, fece fare nell’apparato a Federigo dodici storie grandi, di sette piedi e mezzo l’una per ogni verso, con altre infinite cose de’ fatti d’Ircano, re di Ierusalem, secondo il soggetto della tragedia; nella quale opera acquistò Federigo onore assai per la bontà di quella e prestezza con la quale la condusse. Dopo, andando il Palladio a fondare nel Friuli il palazzo di Civitale, di cui aveva già fatto il modello, Federigo andò con esso lui per vedere quel paese, nel quale disegnò molte cose che gli piacquero. Poi, avendo veduto molte cose in Verona et in molte altre città di Lombardia, se ne venne finalmente a Firenze, quando a punto si facevano ricchissimi apparati e maravigliosi per la venuta della reina Giovanna d’Austria. Dove arrivato, fece, come volle il signore Duca, in una grandissima tela, che copriva la scena in testa della sala, una bellissima e capricciosa caccia di colori et alcune storie di chiaro scuro per un arco, che piacquero infinitamente. Da Firenze andato a Sant’Agnolo a rivedere gli amici e’ parenti, arrivò finalmente in Roma alli sedici del vegnente genaio, ma fu di poco soccorso in quel tempo a Taddeo: perciò che la morte di papa Pio Quarto, e poi quella del cardinal Sant’Agnolo, interroppero l’opera della sala de’ re e quella del palazzo de’ Farnesi, onde Taddeo, che aveva finito un altro appartamento di stanze a Caprarola e quasi condotto a fine la capella di San Marcello, attendeva all’opera della Trinità con molta sua quiete e conduceva il transito di Nostra Donna e gli Apostoli, che sono intorno al cataletto. Et avendo anco in quel mentre preso per Federigo una capella da farsi in fresco nella chiesa de’ preti riformati del Gesù, alla guglia di San Mauro, esso Federigo vi mise subitamente mano. Mostrava Taddeo (fingendosi sdegnato per avere Federigo troppo penato a tornare) non curarsi molto della tornata di lui, ma nel vero l’aveva carissima, come si vide poi per gl’effetti, conciò fusse che gl’era di molta molestia l’avere a provedere la casa (il quale fastidio gli soleva levare Federigo), et il disturbo di quel loro fratello che stava all’orefice; pure, giunto Federigo, ripararono a molti inconvenienti per potere con animo riposato attendere a lavorare. Cercavano in quel mentre gl’amici di Taddeo dargli donna, ma egli, come colui che era avezzo a vivere libero e dubitava di quello che le più volte suole avenire, cioè di non tirarsi in casa, insieme con la moglie, mille noiose cure e fastidii, non si volle mai risolvere; anzi, attendendo alla sua opera della Trinità, andava facendo il cartone della facciata maggiore, nella quale andava il salire di Nostra Donna in cielo, mentre Federigo fece in un quadro San Piero in prigione, per lo signor Duca d’Urbino, et un altro dove è una Nostra Donna in cielo, con alcuni Angeli intorno, che doveva essere mandato a Milano; un altro, che fu mandato a Perugia, un’Occasione. Avendo il cardinale di Ferrara tenuto molti pittori e maestri di stucco a lavorare a una sua bellissima villa, che ha a Tigoli, vi mandò ultimatamente Federigo a dipignere due stanze, una delle quali è dedicata alla Nobiltà e l’altra alla Gloria, nelle quali si portò Federigo molto bene e vi fece di belle e capricciose invenzioni, e ciò finito se ne tornò a Roma alla sua opera della detta capella conducendola, come