Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/454

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altri pittori di quel paese, per non avere studio di cose antiche, usavano molto, anzi non altro, che il ritrarre qualunche cosa facevano dal vivo, ma con maniera secca, cruda e stentata, imparò anco Tiziano per allora quel modo. Ma venuto poi l’anno circa 1507 Giorgione da Castel Franco, non gli piacendo in tutto il detto modo di fare, cominciò a dare alle sue opere più morbidezza e maggiore rilievo con bella maniera, usando nondimeno di cacciar sì avanti le cose vive e naturali e di contrafarle quanto sapeva il meglio con i colori, e macchiarle con le tinte crude e dolci, secondo che il vivo mostrava, senza far disegno, tenendo per fermo che il dipignere solo con i colori stessi, senz’altro studio di disegnare in carta, fusse il vero e miglior modo di fare et il vero disegno. Ma non s’accorgeva che egli è necessario a chi vuol bene disporre i componimenti et accomodare l’invenzioni, ch’e’ fa bisogno prima in più modi diferenti porle in carta, per vedere come il tutto torna insieme. Conciò sia che l’idea non può vedere né imaginare perfettamente in se stessa l’invenzioni, se non apre e non mostra il suo concetto agl’occhi corporali, che l’aiutino a farne buon giudizio; senzaché pur bisogna fare grande studio sopra gl’ignudi, a volergli intendere bene, il che non vien fatto né si può senza mettere in carta; et il tenere sempre, che altri colorisce, persone ignude innanzi, o vero vestite, è non piccola servitù, là dove quando altri ha fatto la mano disegnando in carta, si vien poi di mano in mano con più agevolezza a mettere in opera disegnando e dipignendo. E così facendo pratica nell’arte, si fa la maniera et il giudizio perfetto, levando via quella fatica e stento con che si conducono le pitture, di cui si è ragionato di sopra, per non dir nulla, che disegnando in carta si viene a empiere la mente di bei concetti e s’impara a fare a mente tutte le cose della natura, senza avere a tenerle sempre innanzi, o ad avere a nascere sotto la vaghezza de’ colori lo stento del non sapere disegnare, nella maniera che fecero molti anni i pittori viniziani, Giorgione, il Palma, il Pordenone et altri che non videro Roma, né altre opere di tutta perfezione. Tiziano dunque, veduto il fare e la maniera di Giorgione, lasciò la maniera di Gianbellino, ancor che vi avesse molto tempo costumato, e si accostò a quella, così bene imitando in brieve tempo le cose di lui, che furono le sue pitture talvolta scambiate e credute opere di Giorgione, come di sotto si dirà. Cresciuto poi Tiziano in età, pratica e giudizio, condusse a fresco molte cose, le quali non si possono raccontare con ordine, essendo sparse in diversi luoghi; basta, che furono tali, che si fece da molti periti giudizio che dovesse, come poi è avenuto, riuscire eccellentissimo pittore. A principio dunque, che cominciò seguitare la maniera di Giorgione, non avendo più che diciotto anni, fece il ritratto d’un gentiluomo da Ca’ Barbarigo amico suo, che fu tenuto molto bello, essendo la somiglianza della carnagione propria e naturale, e sì ben distinti i capelli l’uno dall’altro, che si conterebbono, come anco si farebbono i punti d’un giubone di raso inargentato, che fece in quell’opera; insomma fu tenuto sì ben fatto e con tanta diligenza, che se Tiziano non vi avesse scritto in ombra il suo nome, sarebbe stato tenuto opera di Giorgione. Intanto avendo esso Giorgione condotta la facciata dinanzi del Fondaco de’ Tedeschi, per mezzo del Barbarigo furono allogate a Tiziano alcune storie, che sono nella medesima sopra