Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/459

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i quali avevano tolto a favorire il Pordenone, lodando molto l’opere da lui state fatte nel palco della sala de’ Pregai et altrove, gli avevano fatto allogare nella chiesa di San Giovanni elemosinario una tavoletta acciò che egli la facesse a concorrenza di Tiziano, il quale nel medesimo luogo aveva poco innanzi dipinto il detto San Giovanni elemosinario in abito di vescovo. Ma per diligenza che in detta tavola ponesse il Pordenone, non poté paragonare, né giugnere a gran pezzo all’opera di Tiziano, il quale poi fece per la chiesa di Santa Maria degl’Angeli a Murano una bellissima tavola d’una Nunziata. Ma non volendo quelli che l’avea fatta fare spendervi cinquecento scudi, come ne voleva Tiziano, egli la mandò per consiglio di Messer Piero Aretino a donare al detto imperatore Carlo Quinto, che gli fece, piacendogli infinitamente quell’opera, un presente di duemila scudi, e dove aveva a essere posta la detta pittura ne fu messa in suo cambio una di mano del Pordenone. Né passò molto, che tornando Carlo Quinto a Bologna per abboccarsi con papa Clemente quando venne con l’esercito d’Ungheria, volle di nuovo essere ritratto da Tiziano, il quale ritrasse ancora prima che partisse di Bologna il detto cardinale Ipolito de’ Medici, con abito all’ungheresca, et in un altro quadro più piccolo il medesimo tutto armato; i quali ambidue sono oggi nella guardaroba del duca Cosimo. Ritrasse in quel medesimo tempo il marchese del Vasto, Alfonso Davalos, et il detto Pietro Aretino, il quale gli fece allora pigliare servitù et amicizia con Federigo Gonzaga, duca di Mantoa; col quale andato Tiziano al suo stato, lo ritrasse che par vivo, e dopo il cardinale suo fratello. E questi finiti, per ornamento d’una stanza, fra quelle di Giulio Romano, fece dodici teste dal mezzo in su de’ dodici cesari molto belle, sotto ciascuna delle quali fece poi Giulio detto una storia de’ fatti loro. Ha fatto Tiziano in Cador sua patria una tavola, dentro la quale è una Nostra Donna e San Tiziano vescovo, et egli stesso ritratto ginocchioni. L’anno che papa Paulo Terzo andò a Bologna e di lì a Ferrara, Tiziano andato alla corte ritrasse il detto Papa, che fu opera bellissima, e da quello un altro al cardinale Santa Fiore; i quali ambidue, che gli furono molto bene pagati dal Papa, sono in Roma, uno nella guardaroba del cardinale Farnese e l’altro appresso gl’eredi di detto cardinale Santa Fiore. E da questi poi ne sono state cavate molte copie, che sono sparse per Italia. Ritrasse anco quasi ne’ medesimi tempi Francesco Maria duca d’Urbino, che fu opera maravigliosa, onde Messer Piero Aretino per questo lo celebrò con un sonetto, che cominciava:

Se il chiaro Apelle con la man dell’arte rasemplò d’Alessandro il volto e il petto...

Sono nella guardaroba del medesimo Duca di mano di Tiziano due teste di femmina molto vaghe, et una Venere giovanetta a giacere con fiori e certi panni sottili attorno molto belli e ben finiti, et oltre ciò una testa dal mezzo in su d’una Santa Maria Maddalena con i capegli sparsi, che è cosa rara. Vi è parimente il ritratto di Carlo Quinto, del re Francesco quando era giovane, del duca Guidobaldo Secondo, di papa Sisto Quarto, di papa Giulio Secondo, di Paulo Terzo, del cardinal vecchio di Loreno e di Solimano imperatore de’ Turchi, i quali ritratti