Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/477

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quando Dio per castigo di quella città e per abassare la superbia delli abitatori di Roma permise che venisse Borbone con l’esercito, a’ sei giorni di maggio 1527, e che fusse messo a sacco e ferro e fuoco tutta quella città; nella quale rovina, oltre a molti altri belli ingegni che capitarono male, fu forzato il Sansovino a partirsi con suo gran danno di Roma et a fuggirsi in Vinezia, per indi passare in Francia a’ servigi del Re, dove era già stato chiamato. Ma trattenendosi in quella città per provedersi molte cose, che di tutte era spogliato, e mettersi a ordine, fu detto al principe Andrea Griti, il quale era molto amico alle virtù, che quivi era Iacopo Sansovino; onde venuto in desiderio di parlargli, perché a punto in que’ giorni Domenico cardinale Grimani gli aveva fatto intendere che ’l Sansovino sarebbe stato a proposito per le cupole di San Marco, lor chiesa principale, le quali, e dal fondamento debole, e dalla vecchiaia, e da essere male incatenate, erano tutte aperte e minacciavano rovina, lo fece chiamare, e dopo molte accoglienze e lunghi ragionamenti avuti, gli disse che voleva, e ne lo pregava, che riparasse alla rovina di queste tribune, il che promise il Sansovino di fare e rimediarvi; e così, preso a fare quest’opera, vi fece mettere mano; et accomodato tutte l’armadure di drento e fatto travate a guisa di stelle, puntellò nel cavo del legno di mezzo tutti i legni che tenevano il cielo della tribuna, e con cortine di legnami le ricinse di drento in guisa, che poi di fuora e con catene di ferro stringendole e rinfiancandole con altri muri, e di sotto facendo nuovi fondamenti a’ pilastri che le reggevano, le fortificò et asicurò per sempre. Nel che fare fece stupire Vinezia e restare sodisfatto non pure il Gritti, e, che fu più, a quello serenissimo senato rendé tanta chiarezza della virtù sua, che essendo (finita l’opera) morto il protomaestro de’ signori procuratori di San Marco, che è il primo luogo che danno quei signori agli ingegnieri et architetti loro, lo diedero a lui con la casa solita e con provisione assai conveniente. Là dove, accettatolo il Sansovino ben volentieri e fermato l’animo, divenne capo di tutte le fabbriche loro, con suo onore e commodo. Fece dunque primamente la fabbrica publica della Zecca, la quale egli disegnò e spartì dentro con tanto ordine e comodità per servizio e comodo di tanti manifattori, che non è in luogo nessuno un erario tanto bene ordinato, né con maggior fortezza di quello, il quale adornò tutto con ordine rustico molto bello, il quale modo, non si essendo usato prima in quella città, rese maraviglia assai agli uomini di quel luogo. Per lo che, conosciuto l’ingegno del Sansovino essere per servizio di quella città atto a ogni loro bisogno, lo feciono attendere molti anni alle fortificazioni dello stato loro. Né passò molto, che seguitò per ordine del Consiglio de’ Dieci la bellissima e ricchissima fabrica della libreria di San Marco incontro al palazzo della Signoria, con tanto ordine d’intaglio, di cornici, di colonne, capitegli e mezze figure per tutta l’opera, che è una maraviglia. E tutto si è fatto senza risparmio niuno di spesa, onde costa infino a oggi centocinquantamila ducati et è tenuto molto in pregio in quella città per essere piena di ricchissimi pavimenti, di stucchi e di storie per le sale di quel luogo, e scale publiche adornate di varie pitture, come s’è ragionato nella vita di Batista Franco, oltre a molte altre belle comodità e ricchi