Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/57

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Donna, a concorrenza d’alcune altre che nel medesimo luogo avea fatte il Soddoma. In una fece la visitazione di S. Elisabetta e nell’altra il transito della Madonna con gl’Apostoli intorno. L’una e l’altra delle quali è molto lodata. Finalmente, dopo essere stato molto aspettato a Genova dal prencipe Doria, vi si condusse Domenico, ma con gran fatica, come quello che era avezzo a una sua vita riposata e si contentava di quel tanto che il suo bisogno chiedeva senza più, oltreché non era molto avezzo a far viaggi, perciò che, avendosi murata una casetta in Siena et avendo fuor della porta a Comollia un miglio una sua vigna, la quale per suo passatempo facea fare a sua mano e vi andava spesso, non si era già un pezzo molto discostato da Siena. Arrivato dunque a Genova, vi fece una storia a canto a quella del Pordenone, nella quale si portò molto bene, ma non però di maniera che ella si possa fra le sue cose migliori annoverare. Ma perché non gli piacevano i modi della corte et era avezzo a viver libero, non stette in quel luogo molto contento, anzi pareva in un certo modo stordito. Per che, venuto a fine di quell’opera, chiese licenza al prencipe e si partì per tornarsene a casa; e passando da Pisa per vedere quella città, dato nelle mani a Batista del Cervelliera, gli furono mostrate tutte le cose più notabili della città, e particularmente le tavole del Sogliano et i quadri che sono nella nicchia del Duomo dietro all’altare maggiore. Intanto Sebastiano della Seta Operaio del Duomo, avendo inteso dal Cervelliera le qualità e virtù di Domenico, disideroso di finire quell’opera, stata tenuta in lungo da Giovanni Antonio Sogliani, allogò due quadri della detta nicchia a Domenico, acciò gli lavorasse a Siena e di là gli mandasse, fatti, a Pisa; e così fu fatto. In uno è Moisè, che trovato il popolo avere sacrificato al vitel d’oro, rompe le tavole; et in questo fece Domenico alcuni nudi che sono figure bellissime; e nell’altro è lo stesso Moisè, e la terra che si apre et inghiottisce una parte del popolo, et in questo anco sono alcuni ignudi, morti da certi lampi di fuoco, che sono mirabili. Questi quadri condotti a Pisa furono cagione che Domenico fece in quattro quadri, dinanzi a questa nicchia, cioè due per banda, i quattro Evangelisti, che furono quattro figure molto belle. Onde Sebastiano della Seta, che vedeva d’esser servito presto e bene, fece fare dopo questi a Domenico la tavola d’una delle cappelle del Duomo, avendone infino allora fatte quattro il Sogliano. Fermatosi dunque Domenico in Pisa, fece nella detta tavola la Nostra Donna in aria col putto in collo sopra certe nuvole rette da alcuni putti, e da basso molti Santi e Sante assai bene condotti, ma non però con quella perfezzione che furono i sopra detti quadri. Ma egli scusandosi di ciò con molti amici, e particolarmente una volta con Giorgio Vasari, diceva che come era fuori dell’aria di Siena e di certe sue commodità, non gli pareva saper far alcuna cosa. Tornatosene dunque a casa con proposito di non volersene più, per andar a lavorar altrove, partire, fece in una tavola a olio, per le monache di S. Paolo, vicine a S. Marco, la natività di Nostra Donna con alcune balie e S. Anna in un letto che scorta, finto dentro a una porta; una donna in uno scuro, che asciugando panni non ha altro lume che quello che le fa lo splendor del fuoco. Nella predella, che è vaghissima, sono tre storie a tempera: essa Vergine presentata al tempio, lo sposalizio, e l’adorazione de’ Magi.