Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/73

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gli altri fanciulli e nella scuola e fuori un diavolo che sempre travagliava e tribolava sé e gli altri, che si perdé il nome di Niccolò e s’acquistò di maniera il nome di Tribolo, che così fu poi sempre chiamato da tutti. Crescendo dunque il Tribolo, il padre, così per servirsene come per rafrenar la vivezza del putto, se lo tirò in bottega insegnandogli il mestiero suo; ma vedutolo in pochi mesi male atto a cotale esercizio, et anzi sparutello, magro e male complessionato che no, andò pensando, per tenerlo vivo, che lasciasse le maggior fatiche di quell’arte e si mettesse a intagliar legnami. Ma perché aveva inteso che senza il disegno, padre di tutte l’arti, non poteva in ciò divenire eccellente maestro, volle che il suo principio fusse impiegar il tempo nel disegno, e perciò gli faceva ritrarre ora cornici, fogliami e grottesche, et ora altre cose necessarie a cotal mestiero. Nel che fare, veduto che al fanciullo serviva l’ingegno e parimente la mano, considerò Raffaello, come persona di giudizio, che egli finalmente appresso di sé poteva altro imparare che lavorare di quadro; onde avutone prima parola con Ciappino legnaiuolo e da lui, che molto era domestico et amico di Nanni Unghero, consigliatone et aiutato, l’acconciò per tre anni col detto Nanni, in bottega del quale, dove si lavorava d’intaglio e di quadro, praticavano del continuo Iacopo Sansovino scultore, Andrea del Sarto pittore et altri, che poi sono stati tanto valentuomini. Ora, perché il Nanni, il quale in que’ tempi era assai eccellente reputato, faceva molti lavori di quadro e d’intaglio per la villa di Zanobi Bartolini a Rovezzano, fuor della porta alla Croce e per lo palazzo de’ Bartolini, che allora si faceva murare da Giovanni fratello del detto Zanobi in sulla piazza di S. Trinità et in Gualfonda pel giardino e casa del medesimo, il Tribolo, che da Nanni era fatto lavorare senza discrezione, non potendo per la debolezza del corpo quelle fatiche e sempre avendo a maneggiar seghe, pialle et altri ferramenti disonesti, cominciò a sentirsi di mala voglia et a dir al Riccio, che dimandava onde venisse quella indisposizione, che non pensava poter durare con Nanni in quell’arte, e che perciò vedesse di metterlo con Andrea del Sarto, o con Iacopo Sansovini da lui conosciuti in bottega dell’Unghero, perciò che sperava con qual si volesse di loro farla meglio e star più sano. Per queste cagioni dunque il Riccio, pur col consiglio et aiuto del Ciappino, acconciò il Tribolo con Iacopo Sansovino, che lo prese volentieri per averlo conosciuto in bottega di Nanni Unghero et aver veduto che si portava bene nel disegno e meglio nel rilievo. Faceva Iacopo Sansovino, quando il Tribolo già guarito andò a star seco, nell’opera di Santa Maria del Fiore a concorrenza di Benedetto da Rovezzano, Andrea da Fiesole e Baccio Bandinelli, la statua del Sant’Iacopo Apostolo di marmo, che ancor oggi in quell’Opera si vede insieme con l’altre: per che il Tribolo, con queste occasioni d’imparare, facendo di terra e disegnando con molto studio, andò in modo acquistando in quell’arte, alla quale si vedeva naturalmente inclinato, che Iacopo, amandolo più un giorno che l’altro, cominciò a dargli animo et a tirarlo innanzi col fargli fare ora una cosa et ora un’altra, onde se bene aveva allora in bottega il Solosmeo da Settignano e Pippo del Fabbro, giovani da grande speranza, perché il Tribolo gli passava di gran lunga non pur gli paragonava, avendo aggiunto la pratica de’ ferri al saper bene fare di terra e di cera,