Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/82

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cantoni nicchie doppie dentro alle qual andavano statue, sì come nell’altre che sono nei muri dalle bande, nei riscontri de’ viali che traversano il giardino, i quali tutti sono coperti di verzure in varii spartimenti. Per la detta porta, che è in cima a questo giardino sopra alcune scale, si entra in un altro giardino largo quanto il primo, ma a dirittura non molto lungo rispetto al monte. Et in questo avevano a essere dagli lati due altre logge, e nel muro dirimpetto alla porta, che sostiene la terra del monte, aveva a essere nel mezzo una grotta con tre pile, nella quale piovesse artifiziosamente acqua. E la grotta aveva a essere in mezzo a due fontane, nel medesimo muro collocate e dirimpetto a queste due nel muro del giardino ne avevano a essere due altre, le quali mettessono in mezzo la detta porta. Onde tante sarebbono state le fonti di questo giardino quanto quelle dell’altro che gl’è sotto e che da questo, il quale è più alto, riceve l’acque. E questo giardino aveva a essere tutto pieno d’aranci, che vi arebbono avuto et averanno quanto che sia commodo luogo per essere dalle mura e dal monte difeso dalla tramontana et altri venti contrarii. Da questo si saglie, per due scale di selice, una da ciascuna banda, a un salvatico di cipressi, abeti, lecci et allori et altre verzure perpetue con bell’ordine compartite; in mezzo alle quali doveva essere, secondo il disegno del Tribolo, come poi si è fatto, un vivaio bellissimo. E perché questa parte, strignendosi a poco a poco, fa un angolo perché fusse ottuso, l’aveva a spuntare la larghezza d’una loggia, che salendo parecchi scaglioni scopriva nel mezzo il palazzo, i giardini, le fonti e tutto il piano di sotto et intorno, insino alla ducale villa del Poggio a Caiano, Fiorenza, Prato, Siena e ciò che vi è all’intorno a molte miglia. Avendo dunque il già detto maestro Piero da San Casciano condotta l’opera sua dell’acquidotto infino a Castello e messovi dentro tutte l’acque della Castellina, sopraggiunto da una grandissima febbre in pochi giorni si morì. Per che il Tribolo, preso l’assunto di guidare tutta quella muraglia da sé, s’avvedde, ancor che fussero in gran copia l’acque state condotte, che nondimeno erano poche a quello che egli si era messo in animo di fare: senza che quella, che veniva dalla Castellina, non saliva a tanta altezza quanto era quella di che aveva di bisogno. Avuto adunque dal signor Duca commessione di condurvi quelle della Pretaia, che è cavalier a Castello più di centocinquanta braccia e sono in gran copia e buone, fece fare un condotto simile all’altro e tanto alto, che vi si può andar dentro, acciò per quello le dette acque della Pretaia venissero al vivaio per un altro acquidotto che avesse la caduta dell’acqua del vivaio e della fonte maggiore. E ciò fatto cominciò il Tribolo a murare la detta grotta, per farla con tre nicchie e con bel disegno d’architettura, e così le due fontane che la mettevano in mezzo; in una delle quali aveva a essere una gran statua di pietra per lo monte Asinaio, la quale spremendosi la barba versasse acqua per bocca in un pilo che aveva ad avere dinanzi. Del qual pilo uscendo l’acqua, per via occulta doveva passare il muro et andare alla fonte che oggi è dietro, finita [la salita] del giardino del laberinto, entrando nel vaso che ha in sulla spalla il fiume Mugnone, il quale è in una nicchia grande di pietra bigia con bellissimi ornamenti e coperta tutta di spugna. La quale opera se fusse stata finita in tutto come è in parte, arebbe avuto somiglianza col vero, nascendo Mugnone nel monte Asinaio; fece dunque