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giardino secreto al quale si camina dal cortile delle stalle, passando per lo piano del palazzo e per mezzo le logge, sale e camere terrene dirittamente. Dal qual giardin secreto, per una porta alla banda di ponente, si ha l’entrata in un altro giardino grandissimo, tutto pieno di frutti e terminato da un salvatico d’abeti, che cuopre le case de’ lavoratori e degl’altri che lì stanno per servigio del palazzo e degl’orti. La parte poi del palazzo che volta verso il monte a tramontana, ha dinanzi un prato tanto lungo quanto sono tutti insieme il palazzo, le stalle et il giardino secreto, e da questo prato si saglie per gradi al giardino principale cinto di mura ordinarie, il quale acquistando con dolcezza la salita si discosta tanto dal palazzo alzandosi, che il sole di mezzo giorno lo scuopre e scalda tutto, come se non avesse il palazzo innanzi. E nell’estremità rimane tant’alto, che non solamente vede tutto il palazzo, ma il piano che è dinanzi e d’intorno et alla città parimente. E nel mezzo di questo giardino un salvatico d’altissimi e folti cipressi, lauri e mortelle, i quali girando in tondo fanno la forma d’un laberinto circondato di bossoli, alti due braccia e mezzo e tanto pari e con bell’ordine condotti, che paiono fatti col pennello. Nel mezzo del quale laberinto, come volle il Duca e come di sotto si dirà, fece il Tribolo una molto bella fontana di marmo. Nell’entrata principale, dove è il primo prato con i due vivai et il viale coperto di gelsi, voleva il Tribolo che tanto si accrescesse esso viale, che per ispazio di più d’un miglio col medesimo ordine e coperta andasse infino al fiume Arno e che l’acque che avanzavano a tutte le fonti, correndo lentamente dalle bande del viale in piacevoli canaletti, l’accompagnassero infino al detto fiume, pieni di diverse sorti di pesci e gamberi. Al palazzo (per dir così quello che si ha da fare, come quello che è fatto) voleva fare una loggia innanzi, la quale passando un cortile scoperto avesse dalla parte dove sono le stalle altre tanto palazzo quanto il vecchio e con la medesima proporzione di stanze, logge, giardin secreto et alto. Il quale accrescimento arebbe fatto quello essere un grandissimo palazzo et una bellissima facciata. Passato il cortile dove si entra nel giardin grande del laberinto, nella prima entrata dove è un grandissimo prato, saliti i gradi che vanno al detto laberinto, veniva un quadro di braccia trenta, per ogni verso in piano, in sul quale aveva a essere, come poi è stata fatta, una fonte grandissima di marmi bianchi, che schizzasse in alto sopra gl’ornamenti alti quattordici braccia, e che in cima, per bocca d’una statua, uscisse acqua che andasse alto sei braccia. Nelle teste del prato avevano a essere due logge, una dirimpetto all’altra e ciascuna lunga braccia trenta e larga quindici. E nel mezzo di ciascuna loggia andava una tavola di marmo di braccia dodici e fuori un pilo di braccia otto, che aveva a ricevere l’acqua da un vaso tenuto da due figure. Nel mezzo del laberinto già detto aveva pensato il Tribolo di fare lo sforzo dell’ornamento dell’acqua, con zampilli e con un sedere molto bello intorno alla fonte, la cui tazza di marmo, come poi fu fatta, aveva a essere molto minore che la prima della fonte maggiore e principale. E questa in cima aveva ad avere una figura di bronzo che gettasse acqua. Alla fine di questo giardino aveva a essere nel mezzo una porta, in mezzo a certi putti di marmo che gettassino acqua, da ogni banda una fonte e ne’