Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/80

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luogo lontano a Castello un quarto di miglio o più, si seguitava con buon numero d’uomini il lavoro gagliardamente. Ma conoscendo il Duca che maestro Piero non aveva né invenzione, né disegno bastante a far un principio in quel luogo che potesse poi col tempo ricevere quell’ornamento, che il sito e l’acque richiedevano, un dì che sua eccellenza era in sul luogo e parlava di ciò con alcuni, Messer Ottaviano de’ Medici e Cristofano Rinieri, amico del Tribolo e servitore vecchio della signora Maria e del Duca, celebrarono di maniera il Tribolo per uomo dotato di tutte quelle parti, che al capo d’una così fatta fabrica si richiedevano, che il Duca diede commessione a Cristofano che lo facesse venir da Bologna, il che avendo il Ranieri fatto tostamente, il Tribolo, che non poteva aver miglior nuova che d’aver a servire il duca Cosimo, se ne venne subito a Firenze; et arivato, fu condotto a Castello, dove sua eccellenza illustrissima avendo inteso da lui quello che gli pareva da far per ornamento di quelle fonti, diedegli commessione che facesse i modelli. Per che a quelli messo mano s’andava con essi trattenendo, mentre maestro Piero da San Casciano faceva l’acquidotto e conducea l’acque, quando il Duca, che intanto aveva cominciato per sicurtà della città a cingere in sul poggio di S. Miniato con un fortissimo muro i bastioni fatti al tempo dell’assedio col disegno di Michelagnolo, ordinò che il Tribolo facesse un’arme di pietra forte con due vettorie per l’angolo del puntone d’un baluardo che volta verso Firenze. Ma avendo affatica il Tribolo finita l’arme, che era grandissima et una di quelle vittorie alta quattro braccia che fu tenuta cosa bellissima, gli bisognò lasciare quell’opera imperfetta, perciò che avendo maestro Piero tirato molto innanzi il condotto e l’acque con piena sodisfazione del Duca, volle sua eccellenza che il Tribolo cominciasse a mettere in opera per ornamento di quel luogo i disegni et i modelli che già gl’aveva fatto veder, ordinandogli per allora otto scudi il mese di provisione, come anco aveva il San Casciano. Ma per non mi confondere nel dir gl’intrigamenti degl’acquidotti e gl’ornamenti delle fonti fia bene dir brevemente alcune poche cose del luogo e sito di Castello. La villa di Castello, posta alle radici di monte Morello sotto la villa della Topaia, che è a mezza la costa, ha dinanzi un piano che scende a poco a poco per spazio d’un miglio e mezzo fino al fiume Arno, e là apunto dove comincia la salita del monte è posto il palazzo, che già fu murato da Pierfrancesco de’ Medici con molto disegno: perché avendo la faccia principale diritta a mezzo giorno riguardante un grandissimo prato con due grandissimi vivai pieni d’acqua viva, che viene da uno acquidotto antico fatto da’ Romani per condurre acque da Val di Marina a Firenze, dove sotto le volte ha il suo bottino, ha bellissima e molto dilettevole veduta. I vivai dinanzi sono spartiti nel mezzo da un ponte dodici braccia largo che camina a un viale della medesima larghezza, coperto dagli lati e di sopra nella sua altezza di dieci braccia, da una continua volta di mori, che caminando sopra il detto viale lungo braccia trecento, con piacevolissima ombra conduce alla strada maestra di Prato, per una porta posta in mezzo di due fontane che servono ai viandanti e a dar bere alle bestie. Dalla banda di verso levante, ha il medesimo palazzo una muraglia bellissima di stalle, e di verso ponente un