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8 | PROEMIO |
[versione diplomatica]
[versione critica]
De la qual cosa volendoci forse sgannare il cielo, et mostrarci la fratellanza, et la unione di queste due nobilissime arti, ha in diversi tempi fattoci nascere molti scultori, che hanno dipinto, et molti pittori, che hanno fatto delle sculture, come si vedrà nella vita d’Antonio del Pollaiuolo, di Lionardo da Vinci, et di molti altri di già passati. Ma nella nostra età, ci ha prodotto la bontà Divina Michelagnolo Buonarroti, nel quale amendue queste arti si perfette rilucono, et si simili, et unite insieme appariscono, che i Pittori delle sue pitture stupiscono, et gli Scultori, le sculture fatte da lui ammirano, et reveriscono sommamente. A costui, perche egli non havesse forse a cercare da altro maestro, dove agiatamente collocare le figure fatte da lui, ha la natura donato si fattamente la scienza dell’Architettura, che senza havere bisogno d’altrui, può et vale da se solo, et a queste, et a a quelle imagini da lui formate, dare honorato luogo, et ad esse conveniente. Di maniera, che egli meritamente debbe esser detto, Scultore unico, Pittore sommo, et eccellentissimo Architettore; anzi, della Architettura vero Maestro. Et ben’ possiamo certo affermare, che e’ non errano punto coloro, che lo chiamano divino, poi che divinamente ha egli in se solo raccolte, le tre piu lodevoli arti, et le piu ingegnose, che si truovino tra’ mortali; et con esse ad essempio d’uno Iddìo, infinitamente ci può giovare. Et tanto basti per la disputa fatta dalle parti, et per la nostra opinione. Et tornando horamai al primo proposito; dico che volendo per quanto si estendono le forze mie, trarre dalla voracissima bocca del tempo, i nomi degli Scultori, Pittori, et Architetti, che da Cimabue in quà sono stati in Italia di qualche eccellenza notabile, et desiderando che questa mia fatica sia non meno utile, che io me la sia proposta piacevole, mi pare necessario, avanti che e’ si venga all’Istoria, fare sotto brevità, una introduzzione a quelle tre Arti, nelle quali valsero coloro, di chi io debbo scrivere le vite, a cagione, che ogni gentile spirito, intenda primieramente le cose più notabili, delle loro professioni, et appresso con piacere et utile maggiore, possa conoscere apertamente, in che e’ fussero tra se differenti, et di quanto ornamento, et comodità alle patrie loro, et a chiunque volle valersi della industria, et sapere di quelli.
ranno |