Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/103

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DELL’OPERA. 7

[versione diplomatica]


et impressioni; et empiendola insieme di tutte le sorti degli uccegli: Alle acque, la trasparenza, i pesci, i Muschi, le schiume, il variare delle onde, le navi, et l’altre sue passioni: Alla terra, i monti, i piani, le piante, i frutti, i fiori, gli animali, gli edifizij, con tanta moltitudine di cose, et varietà delle forme loro, et de’ veri colori, che la natura stessa, molte volte n’ha maraviglia. Et dando finalmente al fuoco, tanto di caldo, et di luce, che e’ si vede manifestamente ardere le cose; et quasi tremolando nelle sue fiamme, rendere in parte luminose le piu oscure tenebre della notte. Per le quali cose par loro, potere giustamente conchiudere, et dire; che contraposte le difficultà degli Scultori, alle loro; le fatiche del corpo; alle fatiche dell’animo; la imitazione circa la forma sola, alla imitazione della apparenzia circa la quantità, et la qualità, che viene a lo occhio; Il poco numero delle cose dove la Scultura può dimostrare, et dimostra la virtu sua, allo infinito di quelle, che la Pittura ci rappresenta; oltra il conservarle perfettamente allo intelletto, et farne parte in que’ luoghi, che la Natura non ha fatto ella: Et contrapesato finalmente le cose dell’una; alle cose dell’altra; la nobiltà della Scultura, quanto all’ingegno, alla invenzione, et al giudizio degli Artefici suoi; non corrisponde a gran pezzo, a quella, che ha, et merita la Pittura. Et questo è quello, che per l’una, et per l’altra parte, mi è venuto a gli orecchi degno di considerazione. Ma perche a me pare, che gli Scultori habbino parlato con troppo ardire; et i Pittori con troppo sdegno; Per havere io assai tempo considerato le cose della Scultura, et essermi esercitato sempre nella pittura; quantunque piccolo sia forse il frutto, che se ne vede; nondimeno, et per quel tanto, che egli è, et per la impresa di questi scritti, giudicando mio debito dimostrare il giudizio, che nello animo mio ne ho fatto sempre; et vaglia la autorità mia quanto ella può; dirò sopra tal disputa sicuramente, et brevemente il parer mio: persuadendomi di non sottentrare a carico alcuno di prosunzione, o d’ignoranza; non trattando io de l’arti altrui, come hanno gia fatto molti, per apparire nel vulgo intelligenti di tutte le cose; mediante le lettere; Et come tra gli altri avvenne a Formione peripatetico in Efeso, che ad ostentazione della eloquenza sua, predicando, et disputando de le virtu, et parti dello eccellente Capitano; non meno de la prosunzione, che della ignoranza sua, fece rìdere Annibale. Dico adunque, che la Scultura, et la Pittura per il vero sono sorelle; nate di un Padre, che è il Disegno, in uno sol parto, et ad un tempo: et non precedono l’una alla altra, se non quanto la virtu, et la forza di coloro, che le portano addosso, fa passare l’uno Artefice innanzi a l’altro; et non per differenzia, o grado di nobiltà, che veramente si trovi infra di loro. Et se bene per la diversità della essenzia loro, hanno molte agevolezze: non sono elleno pero nè tante, nè di maniera, che elle non venghino giustamente contrapesate insieme: et non si conosca la passione, o la caparbietà, più tosto che il giudizio, di chi vuole che l’una avanzi l’altra. La onde a ragione si può dire, che un’anima medesima regga due corpi: et io per questo conchiudo, che male fanno coloro, che s’ingegnano di disunirle, et di separarle l’una da l’altra.


[versione critica]


et impressioni; et empiendola insieme di tutte le sorti degli uccegli; alle acque, la trasparenza, i pesci, i Muschi, le schiume, il variare delle onde, le navi, et l’altre sue passioni; alla terra, i monti, i piani, le piante, i frutti, i fiori, gli animali, gli edifizij, con tanta moltitudine di cose, et varietà delle forme loro, et de’ veri colori, che la natura stessa, molte volte n’ha maraviglia; et dando finalmente al fuoco, tanto di caldo, et di luce, che e’ si vede manifestamente ardere le cose, et quasi tremolando nelle sue fiamme, rendere in parte luminose le piu oscure tenebre della notte. Per le quali cose par loro, potere giustamente conchiudere, et dire, che contraposte le difficultà degli Scultori, alle loro, le fatiche del corpo, alle fatiche dell’animo, la imitazione circa la forma sola, alla imitazione della apparenzia circa la quantità, et la qualità, che viene a lo occhio, il poco numero delle cose dove la Scultura può dimostrare, et dimostra la virtù sua, allo infinito di quelle, che la Pittura ci rappresenta, oltra il conservarle perfettamente allo intelletto, et farne parte in que’ luoghi, che la Natura non ha fatto ella, et contrapesato finalmente le cose dell’una, alle cose dell’altra, la nobiltà della Scultura, quanto all’ingegno, alla invenzione, et al giudizio degli Artefici suoi, non corrisponde a gran pezzo, a quella, che ha, et merita la Pittura. Et questo è quello, che per l’una, et per l’altra parte, mi è venuto a gli orecchi degno di considerazione. Ma perche a me pare, che gli Scultori habbino parlato con troppo ardire, et i Pittori con troppo sdegno, per havere io assai tempo considerato le cose della Scultura, et essermi esercitato sempre nella pittura; quantunque piccolo sia forse il frutto, che se ne vede, nondimeno, et per quel tanto, che egli è, et per la impresa di questi scritti, giudicando mio debito dimostrare il giudizio, che nello animo mio ne ho fatto sempre (et vaglia la autorità mia quanto ella può), dirò sopra tal disputa sicuramente, et brevemente il parer mio, persuadendomi di non sottentrare a carico alcuno di prosunzione, o d’ignoranza, non trattando io de l’arti altrui, come hanno gia fatto molti, molti molti per apparire nel vulgo intelligenti di tutte le cose, mediante le lettere, et come tra gli altri avvenne a Formione peripatetico in Efeso, che ad ostentazione della eloquenza sua, predicando, et disputando de le virtù, et parti dello eccellente Capitano, non meno de la prosunzione, che della ignoranza sua, fece ridere Annibale. Dico adunque, che la Scultura, et la Pittura per il vero sono sorelle, nate di un Padre, che è il Disegno, in uno sol parto, et ad un tempo, et non precedono l’una alla altra, se non quanto la virtù, et la forza di coloro, che le portano addosso, fa passare l’uno Artefice innanzi a l’altro, et non per differenzia, o grado di nobiltà, che veramente si trovi infra di loro. Et se bene per la diversità della essenzia loro, hanno molte agevolezze, non sono elleno pero nè tante, nè di maniera, che elle non venghino giustamente contrapesate insieme, et non si conosca la passione, o la caparbietà, più tosto che il giudizio, di chi vuole che l’una avanzi l’altra. La onde a ragione si può dire, che un’anima medesima regga due corpi; et io per questo conchiudo, che male fanno coloro, che s’ingegnano di disunirle, et di separarle l’una da l’altra.


Della-