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SCULTURA 33

la apparisca da lontano il lavoro esser finito, et dappresso si vegga lasciato in bozze. La quale avvertenza hebbero grandamente gli Antichi, come nelle lor figure tonde, et di mezo rilievo che negli archi, et nelle colonne veggiamo di Roma, lequali mostrano ancora quel gran giudicio che egli hebbero. Et infra i Moderni si vede essere stato osservato il medesimo grandemente nelle sue opere da Donatello. Debbesi oltra di questo considerare, che quando le statue vanno in un luogo alto, e che a basso non sia molta distanza da potersi discostare a giudicarle da lontano, ma che s’habbia quasi a star loro sotto, che cosi fatte figure si debbon fare di una testa, o due piu di altezza. Et questo si fa perche quelle figure, che son poste in alto, si perdono nello scorto della veduta, stando di sotto, et guardando allo in su. Onde, cioche si dà di accrescimento, viene a consumarsi nella grossezza dello scorto, et tornano poi di proportione nel guardarle, giuste, et non nane; ma con bonissima gratia. Et quando non piacesse far questo, si potrà mantenere le membra della figura, sottilette, et gentili, che questo ancora torna quasi il medesimo. Costumasi per molti artefici, fare la figura di nuove teste; la quale vien partita in otto teste tutta, eccetto la gola, il collo, et l’altezza del piede; che con queste torna nove. Perche due sono gli stinchi, due dalle ginocchia a’ membri genitali, et tre il torso fino alla fontanella della gola, et un’altra dal mento all’ultimo della fronte, et una ne fanno la gola, et quella parte, ch’è dal dosso del piede, alla pianta, che sono nove. Le braccia vengono appiccate alle spalle, et dalla fontanella all’appicchatura da ogni banda è una testa; et esse braccia sino a la appiccatura delle mani sono tre teste, et allargandosi l’huomo con le braccia apre apunto tanto quanto egli è alto. Ma non si debbe usare altra miglior Misura, che il Giudicio dello occhio; il quale se bene una cosa sarà benissimo misurata, et egli ne rimanghi offeso, non resterà per questo di biasimarla. Però diciamo, che se bene la misura è una retta moderazione da ringrandire le figure talmente, che le altezze, et le larghezze, servato l’ordine, faccino l’opera proportionata, et gratiosa; l’occhio nondimeno ha poi con il giudicio a levare, et ad aggiugnere, secondo, che vedrà la disgratia dell’opera, talmente, che e’ le dia giustamente proportione, gratia, disegno, et perfettione; acciò, che ella sia in se tutta lodata da ogni ottimo giudicio. Et quella statua, o figura, che haverà queste parti, sarà perfetta di bontà, di bellezza, di disegno, et di gratia. Et tali figure chiameremo tonde, purche si possino vedere tutte le parti finite, come si vede nel huomo girandolo a torno; et similmente poi l’altre, che da queste dependono. Ma e’ mi pare horamai tempo da venire a le cose più particulari.


Del fare i modelli di cera, et di terra, et come si vestino; et come à

proporzione si ringrandischino poi nel marmo; come si subbino,

et si gradinino, et pulischino, et impomicino; et si lustri

no, et si rendino finiti.     Cap. IX.


S
Ogliono gli scultori, quando vogliono lavorare una figura di marmo, fare per quella un modello, che cosi si chiama, cioè uno esemplo, che è una figura di grandezza di mezo braccio ò meno, ò piu secondo, che gli torna comodo, ò di terra, ò di cera, o di stucco; pur che e’ possin mostrar in quellal’attitu

E