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SCULTURA 55

fanno i campi con la terra da fare i vasi, mescolando quella con carbone macinato, o altro nero per far l’ombre piu scure; et bianco di trevertino con piu scuri, et piu chiari, et si lumeggiano col bianco schietto, et con ultimo nero a ultimi scuri finite; vogliono havere tali specie fierezza, disegno, forza, vivacità et bella maniera, et essere espresse con una gagliardezza, che mostri arte, et non stento, perche si hanno a vedere, et a conoscere di lontano. Et con queste ancora s’imitino le figure di bronzo, le quali col campo di terra gialla, et rosso, s’abbozzano, et con piu scuri di quello nero, et rosso, et giallo si sfondano, et con giallo schietto si fanno i mezi, et con giallo, et bianco si lumeggiano. Et di queste hanno i Pittori le facciate, et le storie di quelle con alcune statue tramezate, che in questo genere hanno grandissima grazia. Quelle poi che si fanno per archi, comedie, o feste, si lavorano poi che la tela sia data di terretta, cioè di quella prima terra schietta da far vasi, temperata con colla, et bisogna che essa tela sia bagnata di dietro, mentre l’artefice la dipigne, a ciò che con quel campo di terretta, unisca meglio li scuri, et i chiari della opera sua. Et si costuma temperare i neri di quelle, con un poco di tempera. Et si adoperano biacche per bianco, et minio per dar rilievo alle cose, che paiono di bronzo, et giallolino per lumeggiare sopra detto minio. Et per i campi, et per gli scuri, le medesime terre gialle, et rosse, et i medesimi neri, che io dissi nel lavorare a fresco, i quali fanno mezi, et ombre. Ombrasi ancora con altri diversi colori, altre sorti di chiari, et scuri; come con terra d’ombra, alla quale si fa la terretta di verde terra; et gialla, et bianco; similmente con terra nera, che è un’altra sorte di verde terra, et nera, che la chiamono verdaccio.


Degli sgraffiti delle case, che reggono a l’acqua; Quello che si adoperi a fargli; et come si lavorino le Grottesche nelle mura.     Cap. XXVI.


H
Anno i Pittori un’altra sorte di pittura, che è Disegno, et pittura insieme; et questo si domanda Sgraffito, et non serve ad altro, che per ornamenti di facciate di case, et palazzi, che piu brevemente si conducono con questa spezie, et reggono all’acque sicuramente. Perche tutti i lineamenti, in vece di essere disegnati con carbone, o con altra materia simile, sono tratteggiati con un ferro dalla mano del Pittore. Il che si fa in questa maniera.

Pigliano la calcina mescolata con la rena ordinariamente; et con paglia abbruciata la tingono d’uno scuro, che venga in un mezo colore, che trae in argentino; et verso lo scuro un poco piu, che tinta di mezo, et con questa intonacano la facciata. Et fatto cio, et pulita col bianco della calce di trevertino, l’imbiancano tutta, et imbiancata ci spolverono su i cartoni: o vero disegnano quel che ci vogliono fare. Et dipoi agravando col ferro, vanno dintornando, et tratteggiando la calce; la quale essendo sotto di corpo nero, mostra tutti i graffi del ferro, come segni di disegno. Et si suole ne’ campi di quegli radere il bianco; et poi havere una tinta d’acquerello scurretto molto acquidoso; et di quello dare per gli scuri, come si desse a una carta; il che di lontano fa un bellissimo vedere: ma il campo, se ci è grottesche, o fogliami, si sbattimenta, cio è ombreggia con quello acquerello. Et questo è il lavoro, che per esser dal ferro graffiato, hanno chiamato i pittori sgraffito. Restaci hora ragionare de le


grot-