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54 DELLA

Del dipingere in pietra a olio, et, che pietre siano buone.     Cap. XXIIII.


E

Cresciuto sempre lo animo a’ nostri artefici pittori, faccendo, che il colorito a olio, oltra l’haverlo lavorato in muro, si possa volendo lavorare ancora su le pietre. Delle quali hanno trovato nella riviera di Genova quella spezie di lastre, che noi dicemmo nella architettura, che sono attissime a questo bisogno. Perche, per esser serrate in se, e per havere la grana gentile, pigliano il pulimento piano. In su queste hanno dipinto modernamente quasi infiniti, et trovato il modo vero da potere lavorarvi sopra. Hanno provato poi le pietre piu fine, come mischi di marmo, serpentini, et porfidi, et altre simili, che sendo liscie, et brunite vi si attacca sopra il colore. Ma nel vero quando la pietra sia ruvida, et arida, molto meglio inzuppa, e piglia l’olio bollito, et il colore dentro, come alcuni piperni, o vero piperigni gentili, i quali quando siano battuti col ferro, et non arrenati con rena, o sasso di Tufi, si possono spianare con la medesima mistura, che dissi nell’arricciato con quella cazzuola di ferro infocata. Percioeh e a tutte queste pietre non accade dar colla in principio; ma solo una mano d’imprimatura di colore a olio, cioè mestica; et secca, che ella sia si puo cominciare il lavoro a suo piacimento Et chi volesse fare una storia a olio su la pietra, puo torre di quelle lastre Genovesi, et farle fare quadre, et fermarle nel muro co perni sopra una incrostatura di stucco, distendendo bene la mestica in su le commettiture. Di maniera che e’ venga a farsi per tutto un piano di che grandezza l’artefice ha bisogno. Et questo, è il vero modo di condurre tali opre a fine. Et finite si puo a quelle fare ornamenti di pietre fini, di misti, et d’altri marmi, le quali si rendono durabili in infinito, pur che con diligenza siano lavorate, et possonsi, et non si possono vernicare, come altrui piace, perche la pietra non prosciuga, cioè non sorbisce quanto fa la tavola, et la tela, et si difende da’ tarli, il che non fa il legname.


Del dipignere nelle mura di chiaro, et scuro di varie terrette, et come si

contrafanno le cose di Bronzo, et delle storie di terretta per archi,

o per feste, a colla, che è chiamato a guazzo, et a tempera.

Cap. XXV.


V
Ogliono i pittori, che il chiaro scuro sia una forma di pittura, che tragga piu al disegno, che al colorito, perche cio è stato cavato dalle statue di marmo, contrafacendole, et da le figure di bronzo, et altre varie pietre. Et questo hanno usato di fare nelle faciate de’ palazzi, et case, in istorie, mostrando, che quelle siano contrafatte, et paino di marmo, o di pietra con quelle storie intagliate, o veramente contrafacendo quelle sorti di spezie di marmo, et porfido, et di pietra verde, et granito rosso, et bigio, o bronzo, o altre pietre, come per loro meglio, si sono accommodati in piu spartimenti di questa maniera, laqual è hoggi molto in uso per fare le facce delle case, e de palazzi, cosi in Roma, come per tutta Italia. Queste pitture si lavorano in due modi prima in fresco, che è la vera; o in tele per archi, che si fanno nell’entrate de’ principi nelle città, e ne’ trionfi, o negli apparati delle feste, e delle Comedie; perche in simili cose fanno bellissimo vedere. Trattaremo prima della spezie, et sorte del fare in fresco; poi diremo de l’altra. Di questa sorte di terretta si

fanno