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fezione de’ Maestri vecchi; ma quella ancora degli antichi, mediante quelle opere, che hoggi si riconoscono dell’età loro. Come nel tempio di Bacco a Santa Agnesa fuor di Roma, dove è benissimo condotto tutto quello, che vi è lavorato. Similmente a Ravenna n’è del vecchio bellissimo in piu luoghi. Et a Vinezia in san Marco. A Pisa nel Duomo, et a Fiorenza in san Giovanni la tribuna. Ma il più bello di tutti è quello di Giotto nella nave del portico di San Piero di Roma; perche veramente in quel genere è cosa miracolosa. Et ne’ moderni quello di Domenico del Ghirlandaio sopra la porta di fuori di santa Maria del Fiore, che va alla Nuntiata. Preparansi adunque i pezzi da farlo; in questa maniera. Quando le fornaci de’ vetri sono disposte, et le padelle piene di vetro, se li vanno dando i colori a ciascuna padella il suo; Avvertendo sempre, che da un chiaro bianco, che ha corpo, et non è trasparente, si conduchino i piu scuri di mano in mano, in quella stessa guisa, che si fanno le mestiche de’ colori, per dipignere ordinariamente. Appresso, quando il vetro è cotto, et bene stagionato, et le mestiche sono condotte, et chiare, et scure, et d’ogni ragione, con certe cucchiaie lunghe di ferro si cava il vetro caldo. Et si mette in su uno marmo piano, et sopra con un’altro pezzo di marmo si schiaccia pari. Et se ne fanno rotelle, che venghino ugualmente piane; e restino di grossezza la terza parte dell’altezza d’un dito. Se ne fa poi con una bocca di cane di ferro pezzetti quadri tagliati; et altri col ferro caldo lo spezzano inclinandolo a loro modo. I medesimi pezzi diventano lunghi, et con uno smeriglio si tagliano; il simile si fa di tutti i vetri, che hanno di bisogno. Et se n’empiono le scatole, et si tengono ordinati, come si fa i colori quando si vuole lavorare a fresco, che in varij scodellini si tiene separatamente la mestica delle tinte piu chiare, et piu scure per lavorare Ecci un’altra spezie di vetro, che si adopra per lo campo, et per i lumi de’ panni, che si mette d’oro; questo quando lo vogliano dorare, pigliano quelle piastre di vetro, che hanno fatto; et con acqua di gomma bagnano tutta la piastra del vetro, et poi vi mettono sopra i pezzi d’oro. Fatto cio mettono la piastra su una pala di ferro, et quella nella bocca della fornace, coperta prima con un vetro sottile tutta la piastra di vetro, che hanno messa d’oro, e fanno questi coperchi, o di bocce, o a modo di fiaschi spezzati, di maniera, che un pezo cuopra tutta la piastra; Et lo tengono tanto nel fuoco, che vien quasi rosso, et in un tratto cavandole, l’oro viene con una presa mirabile a imprimersi nel vetro, et fermarsi; e regge all’acqua, et a ogni tempesta; Poi questo si taglia, et ordina come l’altro di sopra. Et per fermarlo nel muro usano di fare il cartone colorito, et alcuni altri senza colore; il quale cartone calcano, o segnano a pezzo a pezzo in su lo stucco; et di poi vanno commettendo appoco appoco quanto vogliono fare nel musaico. Questo stucco per esser posto grosso in su l’opera gli aspetta duoi di, et quattro secondo la qualità del tempo: E fassi di trevertino, di calce, mattone pesto, Draganti, et chiara d’uovo, e fattolo, tengono molle con pezze bagnate, cosi dunque pezo, per pezo tagliano i cartoni nel muro, et lo disegnano su lo stucco calcando fin, che poi con certe mollette si pigliano i pezzetti degli smalti; et si commettono nello stucco, et si lumeggiano i lumi, et dassi mezi a mezi, et scuri agli scuri; contrafacendo l’ombre, i lumi, et i mezi minutamente, come nel cartone; et cosi lavorando con diligenza si conduce appoco appoco a perfezione. Et chi piu lo conduceuni-


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